Concerto per sole voci poetiche

Giornata Mondiale della Poesia14761-giornata-mondiale-della-poesia-2012

21 marzo ore 18,30 Auditorium Palazzo del Lavoro
Piazza IV Novembre, 5 – Milano

L’espressione poetica ha da sempre rivestito, nella civiltà dell’Uomo, un ruolo  privilegiato nella promozione del dialogo fra le culture e le generazioni, nella comunicazione di un messaggio di pace e di conoscenza dell’Essere.
Il “Centro Culturale di Milano”, che da tempo dedica grande attenzione alla poesia nelle sue ricerche e programmi, intende quest’anno ricordare questa giornata, istituita dall’Unesco nel 1999, con una prima assoluta di inediti, letti da giovani protagonisti della poesia italiana contemporanea.
Accompagnati da due “maestri” direttori, e con gli assoli sulla funzione maieutica dei maestri, i poeti si alterneranno sul palco per un’intensa serata, ideata da Francesco Napoli, di letteratura e dialogo. Al pubblico un Programma di Sala con tutti gli inediti, da ritirare prima del “concerto” e con il quale si potrà seguire le letture poetiche.

VOCI:

Lorenzo Babini, Laura Corraducci, Marco Corsi, Daniele Gigli, Luca Manes

ASSOLI:

Giampiero Neri, Giancarlo Pontiggia

DIRIGONO:

Mario Santagostini  e  Alessandro Rivali

Mario Santagostini, noto critico letterario, fu tra i primi a lanciare i giovani poeti degli anni  2000, sua l’antologia con Maurizio Cucchi.

Alessandro Rivali, genovese e milanese di  adozione, conosciuto proprio al CMC con il suo primo libro di Poesia “La caduta di Bisanzio”.

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APPROFONDIMENTI

Giornata Mondiale della poesia - Michela Tartaglino Mazzucchelli

La bellezza accende il pensiero, può generare economia

La bellezza accende il pensiero, può generare economia – parcopoesia.it

Contro la giornata mondiale della poesia - Mary B. Tolusso

INVITO


Luca Manes - Nota biografica

Luca Manes (1992) è nato a Segrate (MI). È iscritto al primo anno della laurea magistrale di Lettere Moderne all’Universitá degli Studi di Milano. Ha collaborato per due anni con il quotidiano l’Avanti!, per il quale ha scritto recensioni e articoli di letteratura e teatro. Con un articolo introduttivo di Maria Grazia Calandrone, sue composizioni in versi sono state pubblicate su Poesia (2011). Nel luglio 2014 ha partecipato al festival di poesia “Parco Poesia”, durante il quale é stato presentato da Milo De Angelis. Sue poesie sono state pubblicate sulla rivista cartacea e online “Atelier”, nel numero di giugno 2014. È incluso nell’antologia Post ‘900. Lirici e narrativi (Ladolfi editore, 2015).

Luca Manes - Piccola antologia

Campetto di periferia

Fermavamo il nostro passo al limite del campo,
in quel recintato di periferia, dove la notte
rischiarava la lontananza da casa, e le scarpette
puzzavano di chiuso. Con lo sguardo annebbiato,
facevamo il giro del campo, nell’assenza di bandiere,
quando anche l’incrocio dei pali era soltanto
il silenzio della strada. Sarebbe passato il tram,
lì mentre il custode ci sorvegliava, per riportare noi
nei letti ancora sfatti. I lampioni, a intermittenza,
lanciavano i propri segnali sull’erba ben curata, l’appello
perché inizi la corsa. Niente. Non si udiva
voce dai davanzali lì di fronte, né le macchine
cessavano la fuga al di là del semaforo, il loro incessante
andare oltre la vita. Girammo l’angolo, mentre
la visione di quel luogo ci calcava nel petto, come suonano
i clacson nell’immobilità del traffico, nell’arrestarsi
del compito. L’indomani mattina un qualsiasi arbitro
avrebbe annunciato il fischio d’inizio. Oppure
i bambini, prima di scuola, sarebbero passati di lì,
osservando la mancanza di gioco, la facciata del palazzo,
con la campanella nell’orecchio. Noi che dal fondale
soltanto un fischio attendavamo nella notte.

Al campanello della porta

Dalla finestra di un appartamento all’ottavo piano.
In un solo singhiozzo, emergono le luci dei lampioni,
le illuminazioni e gli oceani di lampade nella sera,
come se tutto dovesse, in accordo, partecipare dell’innalzamento
delle gru sopra i ponti di macchine e passanti in veglia,
interrogati e attenti all’agitarsi dei movimenti
dentro i palazzi accesi. E’ sera. E’ il tempo
del ritorno, delle lunghe fila di negozianti fuori
vetrate serrate, la sequenza di corpi
nei cui occhi risplende un camino di casa. E’ il tempo dei padri
in piedi al campanello della porta, con le braccia tese
alle corse e agli affanni oltre la soglia, statuari
come sentinelle che porgono orecchio al suono, in attesa
che qualcuno apra, che qualcuno spalanchi
il proprio mondo. Insieme alla notte, riaffioreranno
le loro storie di instancabili costruttori, di intrepidi
naviganti nel vasto cantiere di cemento.
Intanto l’abitazione si riempie di tornanti nuovi, si accende
di fughe sbirciate dalle finestre di uffici spersi. E noi,
spettatori sulla rocca del secolo, incompiuti
interrogativi dell’essere, stonatura di suono senza ancora
melodia, come possiamo mantenere
i nostri corpi ancorati alla visione
della vetta, all’altezza dei grattacieli?
Vi è chiesta la corsa lungo spiagge pensate,
vivere con la gioia dei figli,
quando una sicurezza si annuncia alla porta…
Veniamo per redimere i vostri volti,
le discese lungo scalinate senza appoggio,
le vostre dimenticanze nelle cantine…
Così dicendo emergevano le fila
dei passanti, i visi con un passato da leggere,
e un errore da non seppellire.
Scomparve anche il crinale, anche
il muro, in quell’annuncio al di qua
del cartello “Non superare”.
Dalla finestra di un appartamento all’ottavo piano,
si sentivano, in lontananza, anche le campane
di una vecchia chiesa, o di un annuncio insperato.

L’origine del grido

“Cos’è quel grido?”, chiese impaurita, sobbalzando
tra le lenzuola in disordine. Uno squarcio nella città,
il rumore di chi sta perdendo il respiro, e lancia
per l’ultima volta la sua voce in caduta. Oppure l’appello
giunto da un secolo ormai vicino, la stazione che attende
di essere annunciata. “Non è niente”, rispose il compagno
di quella sera. “E’ già tutto finito”… Cominciò la rincorsa,
la caccia senza speranza, nel groviglio inestricabile
di quella notte, di quel urlo. “Signora, si fermi qui”,
le intimó un corpo bagnato di finto sudore, distante
un tempo, falso anche nella voce.
Ma l’origine del suono non si lasciava afferrare, sfuggiva
di balcone in balcone, figure fuori obiettivo.
“Provi a spiegare, signora, il perché…”, ma non ci fu risposta,
e restò soltanto un’aria d’interrogazione. “Serve la parola,
la parola”, pensò tra sé, mentre il grido di poco prima
le si richiudeva nella sporgenza della bocca.


Lorenzo Babini - Nota biografica

Lorenzo Babini è nato nel 1990 a Ravenna ma vive e lavora a Milano, dove si è laureato in Filologia Moderna. Ha collaborato con riviste di letteratura e case editrici come critico e traduttore. Per la poesia ha vinto i premi Violani Landi 2014 e Le Stanze del Tempo 2015 e i suoi testi sono stati raccolti nel libro Santa Ricchezza, edito da Carta Canta editore nel febbraio 2016.

Lorenzo Babini - Piccola antologia

Da Santa Ricchezza, Carta Canta editore, Forlì, febbraio 2016

UNA CASA

Le nostre vite, lo sai, sono mangiate
dal vento, bruciate nel sole, disperse
dagli animali ma guarda, lo sento,

porremo fine a questa erranza con una casa
forse domani.
Oggi è il tempo che esige delirio
e dispersione, ci chiede di uscire
così come siamo, nudi e taglienti,
entrare nel bosco, dentro alle grotte
dove è grandioso persino
spingere un corpo a gioire e poi dire
«ci sono», ma anche prendersi cura,
applicare i cerotti nei luoghi
feriti, baciarsi ed essere divorati
dal dio che tutto vive e fa venire
e abita negli occhi delle prede, toccarsi
nel buio, chiedere un nome, fuggire.

Salendo sul tram oggi, pioveva, pensavo a questo,
a molto altro, al tuo cammino e insieme
al tuo esserci, un poco
anche al mio.

***

RICCHEZZA

I corpi si disperdono nella nebbia …
si sono radunati, è vero, hanno riso
e sofferto, si sono baciati,
hanno condiviso ma forse
è stato un sogno, altro tempo
che sale dai secoli, è stata
ricchezza, capisci?

***

IL FUOCO

Io a volte, lo devi sapere, m’incupisco
e non parlo per giorni, esco all’alba
per sentire quel vento, il respiro di dio
sui cantieri, sulla scheletrica città …

qualcuno (ma chi?) suggerisce di notte

«brucerai il vecchio capannone dietro i campi
per vedere la fiamma sopra di noi, per sentire
i vetri che scoppiano, vedere l’inizio
unito alla fine. Correrai a casa
con il cuore agitato e contento,
con addosso l’odore del fuoco,
le mani nere che tremano».


Laura Corraducci - Nota biografica

Laura Corraducci è nata a Pesaro nel 1974 dove risiede, è insegnante di inglese.
Nel 2007 pubblica il suo primo libro di poesie con Ed. Del Leone dal titolo Lux Renova.
Suoi inediti sono apparsi su Punto Almanacco della poesia italiana 2014, edizione Puntoacapo, Gradiva con nota critica di Giancarlo Pontiggia, Almanacco dei poeti e della poesia contemporanea 2, Raffaelli editore.
Nel 2012 e nel 2015 organizza con il patrocinio dell’Assessorato alla Cultura della sua città, la rassegna poetica “vaghe stelle dell’orsa” dedicata alla poesia.
Nel 2015 pubblica per Raffaelli la sua seconda raccolta poetica dal titolo “Il Canto di Cecilia e altre poesie” la cui sezione finale è dedicata proprio alla storia di Santa Cecilia.
Sue poesie sono state tradotte in lingua spagnola, inglese, olandese, rumena e portoghese.

Laura Corraducci - Piccola antologia

“IL CANTO DI CECILIA E ALTRE POESIE”

tre centimetri di pelle ti ho cucito
alla vita come fossi una cintura
i punti fissati diritti sulle anche
tre croci sul tuo Golgota di carne
venga il vento
a slegarmi dai tuoi fianchi
venga il fuoco
a bruciarmi dentro un tuono
farfalla sciolta in polvere sul muro
alla morte oggi ruberò le cicatrici

*
aria nuova alle mie stanze chiuse
ogni notte alla porta ti avvicini
fermi ancora la mia voglia di restare
questo bagnare i piedi dentro il fango
mi sento acqua scomposta al microscopio
ogni molecola ti cola dalle labbra
scosti di poco la tenda
e s’agita il fiume oltre il ponte
come fai a riempire ogni anfratto
a diluire la tua assenza in un bicchiere
a cancellarmi tutta la sete in un incendio?

(dalla sezione Il filo intorno al dito)

*
passo i giorni a contare
i minuti che galleggiano
nell’olio della lampada
come un petto che si squarcia all’improvviso
si spalanca la luce nello spettro dei colori
e scintillano i tagli sulle dita
“crepa” urla al mare il mio compagno
sputando vino sul tavolo dei turni
morire in una scatola di vetro
la fine più elegante di un guardiano

*
Les coups de mer tonnaient un à un
avec un bruit de canonnade

colpi di cannone salgono dall’acqua
la paura non ha fatto alcun ritardo
gli stoppini li accenderò anche stasera
nella pioggia che vedrò sciogliersi sui vetri
la solitudine non ha mai avuto più rumore

(dalla sezione Versi per fari e guardiani)
*
lei serrava nella gola la vittoria
strappando al boia la sua voce
per sciogliersi il cielo nei capelli
nello sforzo estremo della danza
e lasciare cadere dalle mani
tutto il seme aspro dei colori

*
raccogliesti il vino in una brocca
e scendesti con lui lungo il fiume
l’oro bianco offrivi alle nozze
per portarlo via dal pianto senza fine
e avvolgergli ancora le paure
nella musica lieve degli abbracci
sotto le sue dita palpitavano le vene
ma non tremò la carne al sussulto della lama

(dalla sezione Il Canto di Cecilia )


Marco Corsi - Nota biografica

Marco Corsi ha conseguito il titolo di dottore di ricerca in italianistica presso l’Università di Firenze nell’aprile 2013 e attualmente si occupa di editoria. Ha pubblicato saggi dedicati a diversi poeti italiani contemporanei e una monografia sull’opera di Biancamaria Frabotta, I nodi violati del verso (Archetipo Libri, 2010). Sue poesie sono apparsi su: «Poeti e Poesia», «Semicerchio», «La casa dei doganieri», «L’area di Broca», e più recentemente «Nuovi Argomenti» (n. 64, 2013) e “Quadernario. Almanacco di poesia”, a cura di Maurizio Cucchi, Lietocolle, Faloppio 2013. La sua ultima silloge, Da un uomo a un altro uomo, è stata pubblicata in Poesia contemporanea. Dodicesimo quaderno italiano (Marcos y Marcos 2015), a cura di Franco Buffoni, con una nota di Niccolò Scaffai. Nel 2015 ha vinto il primo premio “Cetonaverde poesia – sezione giovani”. È curatore della rassegna “Spazio Poesia”, dedicata all’ascolto della poesia giovane e all’esame della tradizione poetica novecentesca.

Marco Corsi - Piccola antologia

Dove siete stati a cancellarmi
per ogni nutrimento di sostanze
o di acque dense
dove siete stati per essermi
piccoli sentimenti eucarioti, procarioti, sentenze
avete avuto facoltà pressoché indeterminate
silenziose ancora acque
in sé convesse per non dire ripetute
dove siete state noi qui non abbiamo
forma e meno che mai deposito
per qualità di germinanti indizi.
*
la felicità è saperti successivo
dove non c’è evoluzione nei corpi
ma solo la materia inerte
di cui ti sei fatto bello
a immagine di un dio solo
senza padre e senza fratelli.
*
ho bisogno di saperti vivo domattina
in questa sintonia di acque nuove
su cui pendono contratti e commissioni.
evanescente e candida, tuttora aperta
una breve composizione di toni
potrebbe rappresentare tutto
e non vedere altrettanti colori
doppiati dal giro dell’anno, e quindi morti
o vivi solo all’altro capo.
*
disastroso questo disagio di mari
è la cronaca nera di un difetto:
«quando è sano il male risale a monte
e qualunque aspettativa si chiarisce
nello striscio di fianco alla placenta
nella curva glicemica del cielo…»
*
certamente il giorno pronuncerà un sorriso
e come sempre avrai le palme blu e rosa
e le vene bianco-aperte.
sulla tavola abbiamo disposto
le particole vitali del tuo viso
come indizio di pietà
o di un sentimento orrendo.
*
un dialogo asciutto, netto, nominale
affetta le matrici del giorno
e scandisce inesorabili parole.
non decet, non est iniuria diei
a spaventarmi, ma il consiglio
che sfuma dal citofono lontano:
«non è qui che dovete cercare
questa rimessa è la casa del silenzio».


Daniele Gigli - Nota biografica


Daniele Gigli (Torino 1978) è archivista documentalista e consulente di comunicazione.Come scrittore ha pubblicato i libri di versi Fisiognomica (2003), Presenze (2008, vincitore del premio “Diego Valeri”) e Fuoco unanime, uscito a dicembre 2015 per Raffaelli Editore. Ha inoltre pubblicato traduzioni da T.S. Eliot (Ariel Poems, in “Sintaksis”, 2007; Gli uomini svuotati, 2010; Mercoledì delle Ceneri, 2013). Presente in numerose riviste e siti letterari, è nel novero dei poeti italiani under 40 censiti da Pordenonelegge.
Addottorato in Letterature comparate con una tesi su T.S. Eliot e Mario Luzi, scrive di poesia e filosofia su “ilsussidiario.net”, “Studi Cattolici”, “Biblioteca di via Senato” e “La Croce”.

Daniele Gigli - Piccola antologia

Civiltà del fuoco

Un monumento, dice Wystan,
al primo che dimentico del pranzo illuminò la pietra.
E chi dopo di lui rubò l’idea, chi con il fuoco non illuminò ma arse,
a quelli che consumano la vita a fuoco basso,
a loro quali grida, quali danze di vendetta?

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Cade, s’inabissa l’occidente
Cade, s’inabissa l’occidente,
si dissolve, muore sotto i cieli alti di pietra-luce in ore cave.
Sull’acqua-marmo allucinano gli occhi,
senza punto si moltiplica lo sguardo,
cede l’orizzonte senza tempo.

Così si muore:
assassinati in preghiera o nei palazzi a vetro, dagli amici.
Figliano giudizi, rivoluzioni inerti,
nel fuoco bruciano bandiere, cadono le croci.
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Al piano mezzanino, frammento 7

«Zoppi storpi ciechi muti» infermi e infami d’ogni sorta.
Quando asciugherà le lacrime,
tutte le lacrime di tutti i volti,
quando si volgerà a strappare il velo
e i popoli vedranno e capiranno e si ameranno,
ché di ognuno sarà amico il desiderio.
Verranno zoppi storpi infermi d’ogni sorta.
In quel giorno.