Gian Butturini messo al macero

Dalla Rivista AFRICA la Rivista del Continente vero 

Articolo di Stefania Ragusa

Gian Butturini (1935- 2006) è stato un grande fotogiornalista italiano. Ha dedicato la vita alla fotografia sociale e si è sempre brechtianamente seduto dalla parte del torto

Nel 1969 Butturini ha 34 anni e pubblica il suo primo libro, London, in cui racconta da una prospettiva decisamente non istituzionale la Londra della beat generation, tra contraddizioni, conflitti sociali e spinte consumiste. L’anno precedente era stato segnato dall’uccisione di Martin Luther King e un grande fermento antirazzista attraversava l’Atlantico. Butturini è immerso nel dibattito dell’epoca e, come si evince dal testo che accompagna le immagini, è critico rispetto all’heritage dell’Impero e ha molto chiaro da che parte stare: quella dei neri, degli immigrati, dei proletari, degli emarginati. È dichiaratamente antirazzista. (…)

Il libro (London Ndr), caratterizzato da una particolare e graffiante forma di comunicazione grafica, riconducibile al background professionale dell’artista, diventa un cult e poi una rarità. Martin Parr, fotografo acuto e dissacratore, diversi anni dopo lo “scopre” e si propone di rieditarlo. Gli eredi danno il loro ok e il volume vede la luce nel 2017, edito dalla casa editrice bolognese Damiani. L’impianto originale viene mantenuto. In apertura si aggiunge solo l’introduzione di Parr. Fin qui tutto bene.
Poi accade che una studentessa inglese nera, tale Mercedes Baptiste Halliday, riceva in dono il volume e lo sfogli ritenendo di trovare al suo interno delle immagini razziste. In particolare, a suscitare la sua indignazione, è il dittico che vi abbiamo proposto in apertura, formato dal ritratto di una donna nera, venditrice di biglietti del metrò, e dal gorilla di Regent Park.

I soggetti sono intenzionalmente accostati, non per suggerire la crassa equazione nero=scimmia, ma per mostrare le solitudini della metropoli e le sue sbarre non sempre visibili. Con queste parole Butturini spiega la scelta figurativa: «Ho camminato di notte, di giorno, ho setacciato gli angoli della città che il turista non vede. Certo non ho fotografato le guardie della regina, impettite e inamidate come statue di gesso. Ho fotografato una negra, chiusa nella sua gabbia trasparente; vende biglietti per il metro: sola spenta prigioniera, isola immota e senza tempo tra i flutti di umanità che scorrono si mescolano si fondono davanti alla sua prigione di ghiaccio e di solitudine. Non ho fotografato i guardiani della Torre o i banchieri della City con ombrello e cappello duro. Ho fotografato il gorilla di Regent Park, che riceve con dignità imperiale sul muso aggrondato le facezie e le scorze lanciategli dai suoi nipoti in cravatta».

Certo, usa la famigerata n-word. Ma nel 1969, quando il libro esce, la parola non aveva in italiano una connotazione negativa. Nella riedizione il dittico non era stato smontato e il testo non era stato modificato per una questione di aderenza filologica.

Su Twitter lancia lapidaria il suo anatema, trovando consensi nel circo social e anche l’appoggio di un fotografo ex produttore della BBC e di altre figure della scena pubblica. L’obiettivo di questi ultimi è Parr, figura potente ma anche mal digerita nel mondo culturale e fotografico britannico. Il fotografo inglese viene accusato di razzismo e analfabetismo visivo. (…)

l braccio di ferro va avanti per un po’ e alla fine Parr decide di capitolare: si dimette dalla giuria del Bristol Photo Festival, si scusa pubblicamente per la sua cecità imperdonabile legata alla sua condizione di maschio, bianco e di mezza età e, last but not least, chiede alla casa editrice che London venga messo al macero. (…)


Invitiamo a visitare la Mostra Gian Butturini LONDRA 1969 – DERRY 1972. UN FOTOGRAFO CONTRO.
Dalla Swinging London al Bloody Sunday (28 gennaio 2022 6 marzo 2022) a cura di Gigliola Foschi
Galleria STILL Fotografia in Via Ludovico Lazzaro Zamenhof, 11, 20136 Milano