Uno sguardo verso il cielo: Cocteau e i Maritain

«Siete tra gli angeli dei miei voti, sapete quanta amicizia lontana e vicina mi guida». Così il grande artista ai coniugi e fecondi intellettuali francesi, la cui dimora è stata luogo di ospitalità, di incontri, di domande sulla vita a tutto tondo. Casa vera, ambito di amicizia che non fa sconti.
L’itinerario di Cocteau è quello dell’uomo profondo, perciò ferito, che tra distanze e ravvicinamenti ha tenuto un dialogo accidentato, sincero, di singolare affezione con Cristo. Che si è manifestato nella sua opera. In un periodo in cui non pochi intellettuali illustri di quella Francia hanno vissuto la scoperta della conversione. Un periodo palpitante, intenso, da riprendere. A paragone con una certa e troppa tranquillità di questo presente.


2 dicembre 2022
Marco Dotti *

Una poesia dipinta: Villefranche-sur-Mer

È l’estate del 1956, quando Jean Cocteau può finalmente mettere la parola “fine” su uno dei suoi capolavori: la Cappella Saint-Pierre a Villefranche-sur-Mer.
Villefranche-sur-Mer è un paesino di pescatori ed è a loro che, dopo mesi (cinque) di lavoro e anni (troppi) di trattative con le autorità locali Cocteau fa dono di questo luogo sacro, dedicato al loro protettore, San Pietro. Jean Guitton, guardando gli affreschi ripresi dagli episodi dei Vangeli e degli Atti, lo definì icasticamente: «un immenso occhio all’interno del quale si trova il visitatore, come una pupilla rosa, uno sguardo enigmatico».  Ma è un altro il particolare che ci interessa. Forse meno noto, di certo meno evidente: il ricordo. Cocteau confessò a Jacques e Raïssa Maritain di aver affrescato pensando a loro, con cui si era legato in (problematica) amicizia anni prima. La pittura era un occhio aperto sul ricordo: «siete tra gli angeli dei miei voti, sapete quanta amicizia lontana e vicina mi guida». Da parte sua, Jacques Maritain osservò che «ogni cappella che Cocteau si è impegnato a decorare – spesso al prezzo di grandi fatiche – è un pegno di fede e di speranza che la grazia di Dio ha accordato al poeta».

La fede che illumina le opere

Il rapporto tra Cocteau e Maritain fu molto problematico da quando, dopo una repentina conversione, il poeta si era lasciato andare, tornando sui suoi passi – a detta di Maritain – di perdizione e vizio. Ma la fede, per Cocteau, è sempre stata un percorso multiplo, presente in ogni sua opera e in ogni fase – anche la più disperata – della sua inesausta vitalità. Per questo, se guardiamo a quel rapporto retrospettivamente i ricordi si illuminano di altra luce, anche grazie alla continua e mai sopita amicizia segreta che legò l’autore dell’Orfeo al terzo polo di questa relazione: Raïssa.  

Particolare Jean Cocteau – Chapelle Str Pierre Villefranche-sur-mer

La parentesi Maurice Sachs

Quella tra il 1885 e il 1935 – lo ha rimarcato, tra gli altri, Frédéric Gugelot ne La conversion des intellectuels au catholicisme en France 1885-1935, CNRS Éditions, 1998 – è un’epoca di grandi conversioni nel milieu intellettuale. È il tempo dei mediatori (i Maritain), ma anche di reti che si automoltiplicano in nome di un’idea di arte che diventa tutt’uno con la ricerca e lo spirito. Leggere in quest’ottica il lavoro seminale che Maritain dedicò a Art et Scolastique (1920), dove tra gli altri si menziona proprio il lavoro di Cocteau, può essere di grande aiuto.
Fioriscono le autobiografie “spirituali” e i grandi racconti sulle conversioni. Talvolta bizzarri – come quello di Max Jacob –, talaltra repentini o destinati a suscitare scandalo: fu il caso di Maurice Sachs, autore controverso e prolifico che trovò nell’amicizia con Cocteau e in Jacques Maritain un interlocutore e un padrino.
Il primo incontro tra Sachs e Cocteau avvenne nel 1924. Da poco, Cocteau aveva riabbracciato la fede cattolica proprio grazie a Maritain. Il 1923 è l’anno della morte, avvenuta il 12 dicembre, di Raymond Radiguet. Cocteau, eroe disperato di una generazione, annichilito dalla scomparsa dell’autore del Diavolo in corpo, si butta nell’oppio. Mesi cercando la morte, trovandola. Fino a quando, nel 1924, si riaccende una luce e lui si apre alla religione su triplice consiglio e ispirazione di Paul Claudel, Max Jacob – «confessati e comunicati, l’ostia deve essere presa come un’aspirina», gli scriverà – e Jacques Maritain.

Chapel of Saintpierre

Il 27 luglio del 1925 è proprio il poeta e diplomatico Claudel a scrivere a Cocteau, in una lettera: «questo piccolo biglietto non è sufficiente per dirti l’immensa gioia che ho provato per la tua conversione, avvenuta proprio nel momento in cui guardavo il volto radioso di nostra sorella Teresa d’Avila. Che gioia pensare che Dio non è più privo di un cuore e di un’intelligenza come la vostra, e che d’ora in poi non mancherà nulla da parte vostra per giustificare la simpatia che avete il meraviglioso dono di suscitare in tutti coloro che vi incontrano. Cocteau, lo spirito e la luce sono fatti per stare insieme. Che gioia pensare che tutto questo è ora unito! Come deve essere felice vostra madre!».
«Non c’è dubbio», ricorderà Maurice Sachs nella Decade dell’illusione, «che la conversione di Cocteau, che non era veramente tale poiché egli aveva ricevuto il battesimo cattolico alla nascita, fece sensazione. La gente di mondo sorrideva e si chiedeva se avrebbe preso i voti cattolici, si preoccupava per una riconciliazione così piena d’insidie. Solo Maritain sosteneva questa nuova fede. I giovani, sbalorditi, videro inginocchiarsi colui al quale così spesso loro stessi avevano affidato l’anima. Questa conversione addensò nubi pesanti e tempestose. Cocteau, che appariva come l’indipendenza fatta persona, si decretava dipendente. Lo si emulò, in un vasto delirio di entusiasmo e abnegazione». La furia di Breton si scagliò su Cocteau.
Alcuni surrealisti ne auspicarono la morte. Ma il fascino di Cocteau era tale che trascinò persino il diffidente Sachs con sé. Gli fece conoscere i coniugi Jacques Maritain e Raïssa Maritain che, nella loro casa di Meudon, ricevevano molte visite, agevolando altrettante conversioni.
Molti intellettuali, spesso di origine ebraica, corsero da loro, in quegli anni, e scelsero la conversione. A titolo di esempio, si possono ricordare Max Jacob, Jean-Pierre Altermann, che divenne consigliere spirituale di François Mauriac, ma anche Pierre Reverdy.
Il 29 agosto, anche Sachs ricevette il battesimo. Fu Cocteau a fargli da padrino. Personalità inquieta, Sachs era stato per un certo periodo in cura presso il dottor René Allendy, un omeopata amico di Antonin Artaud, precursore sui generis della psicoanalisi in Francia, cultore di discipline esoteriche, nonché autore di studi ancora oggi tradotti in molte lingue. Nel 1933, Sachs sarebbe riuscito ad ottenere la direzione della collana “Detective” da Gallimard. Avrebbe pubblicato ancora dei libri, ma si sarebbe allontanato sempre più dalla fede e da Cocteau, finendo la sua vita miseramente. Partito come volontario per la Germania, iniziò a collaborare come delatore con la Gestapo. Aver venduto l’anima al diavolo, non gli salvò la vita. Il 14 aprile 1945 venne fucilato presso il campo di reclusione di Fuhlsbüttel. Nessuno, pare, rivendicò mai i resti.

Jaques Maritain

Fuga e ritorno

Torniamo a Cocteau. Se quella di Sachs si configura come una fuga senza ritorno, al contrario il suo rapporto con il cattolicesimo potrebbe essere sintetizzato in questa formula: fuga e ritorno.
Fuga da sé, quando dopo aver «ritrovato la fede», scandalizzando un’intera generazione, decise di percorrere un’altra strada. Quella di sempre: la poesia. Campo vasto, per lui, dello spirituale (basterebbe un’attenta lettura della sua opera ricapitolatrice di una vita: Requiem, i cui versi sono stati scritti dopo una terribile malattia).
Lo aveva capito Max Jacob che, pur spingendo Cocteau verso la fede in Cristo, aveva messo subito in guardia Maritain: «Jean è stanco di intravvedere una meta che credeva di raggiungere: non può decidersi ad essere mezzo cristiano, e non è tagliato per essere ad un tratto un gran cristiano. Non vuole essere cristiano un giorno sì e un giorno no; per il momento no; per il momento non può essere altro. Rinuncia, o ha già rinunciato, o rinuncerà e farà marcia in dietro». La profezia di Jacob si avverò, ma nel 1926, la Lettera a Jacques Maritain e la Risposta a Jean Cocteau che i due pubblicarono, mettendo a nudo le rispettive speranze e disillusioni, fu un colpo al cuore della Francia. E dell’Europa. Un teologo del tempo, commentandola, ebbe a scrivere: «Il risultato di questo tipo di pubblicazione… è che proclama a gran voce lo stupido stato mentale che ama dire: “La Chiesa è incompatibile con tutto ciò che è moderno; è un potere del passato”. La Chiesa è sempre stata, in ogni epoca, moderna in questo senso. Ha sempre e in ogni epoca assimilato ciò che era in grado di essere incorporato e rinnovato da questa forza feconda che è al centro del pensiero cristiano – il cristianesimo, cioè, liberato da un accademismo soffocante e da tutto ciò che è contrario alla sua vita».

Cocteau

Dopo la disillusione e l’abbandono del rito, seguirono anni di incomprensioni personali, di imbarazzo e di silenzio pubblico, ma sul piano letterario Cocteau continuerà a rappresentare una figura chiave per la riflessione estetica di Jacques Maritain. Così fu anche per Raïssa, poetessa a sua volta ispirata da Cocteau, che, pur non menzionandolo quando si trattò di scrivere un testo sugli incontri che le avevano cambiato l’esistenza, lo volle accanto negli ultimi istanti di vita nel novembre del 1960.
Cocteau ricorderà quegli istanti in una lettera del Natale del 1962, inviata proprio a Jacques, dove la rammemora attraverso le pagine del suo Diario: «Ho lentamente e dolcemente divorato il Diario di Raissa. Mi domando se esista una nobiltà d’animo comparabile alla sua. A fianco di lei mi sembra che noi tutti sguazziamo nella melma. E cosa non diventano i ricordi attraverso la sua anima! Io sono sconvolto per i passaggi che mi riguardano. Una lunga onda di acqua fresca mi è passata sul cuore. Molti santi debbono la loro beatificazione alle loro crisi. In Raissa non ci sono mai state crisi. Questo filo della Madonna che si aggrappa da un ramo all’altro, e resiste alle intemperie! Essa crede senza bisogno di prove (attitudine che mi stupisce sempre in Pascal). Essa crede perché essa si immagina che non si possa non credere. Questo libro, attraversato da quella grazia infantile che essa aveva ritrovato sul suo volto dopo la caduta della maschera di sofferenza, la canonizza senza pompa. È una santa segreta, una regina di quel mondo invisibile che è la vera poesia». L’11 ottobre anche Cocteau cesserà il suo transito terreno.  L’occhio della Cappella di Villefranche-sur-Mer si era chiuso sul mondo. Aprendosi alla sacralità della vita.

Jean Cocteau ed Edith Piaf

* Marco Dotti con Luca Scarlini, per i tipi di Electa ha da poco pubblicato Cocteau A-Z, un’enciclopedia in più di duecento voci dedicata al poeta francese.