Referendum farsa: un altro atto di terrore contro i cittadini dell’Ucraina sud-est

Mosca ha annesso 4 regioni ucraine. Con una consultazione unilaterale e dunque totalmente illegale. E con una guerra d’invasione in corso. Un analista ucraino, professore universitario e collaboratore dell’Ispi, ragiona sui motivi formali che definiscono l’assoluta improbabilità dell’esito del voto forzato andato in scena dal24 al 27 settembre. Obblighi, percentuali inventate, controllo internazionale del tutto inaffidabile. E altri atti riprovevoli. L’autore, davanti a questo colpo di mano di Putin scrive: «La guerra in corso, se non sarà vinta dall’Ucraina e dai suoi alleati occidentali, chiuderà la prospettiva di libertà politica e civile per i popoli dell’Europa orientale, Russia compresa, per almeno tre generazioni».


di Mikhail Minakov

7 ottobre 2022


I cittadini ucraini delle aree occupate degli oblast di Luhansk, Donetsk, Zaporizhzia e Kherson sono stati messi in un’altra situazione di sopravvivenza e umiliazione, questa volta a causa dei referendum forzati del 24-27 settembre sull’adesione alla Russia.

Sotto l’occupazione militare di una potenza straniera, con il rischio quotidiano di essere uccisi, in assenza di mezzi di comunicazione liberi e di altri strumenti di discussione ragionevole di questioni politiche fondamentali, i cittadini dell’Ucraina sono stati chiamati a rispondere alla domanda: vogliono che le loro comunità si uniscano alla Russia e diventino cittadini russi?

Nelle circostanze di guerra, il referendum — una delle procedure democratiche fondamentali — non ha né legittimità né legalità.

Al contrario, questa indagine forzata si è mostrata per quello che è: un atto di violenza contro le persone che vivono sotto l’occupazione russa.

 

Sono i cittadini liberi a legittimare l’istituto referendario

 

Un referendum è un atto di decisione politica preso direttamente dai cittadini, e questa decisione deve essere di natura straordinaria. Per questo motivo, non sono i rappresentanti o la leadership politica a prenderla, ma i cittadini stessi. Solo dopo il voto dei cittadini il governo può attuare la decisione della nazione.

La qualità democratica di un referendum deriva da due fattori che rendono la decisione dei cittadini legale e legittima. In primo luogo, perché un referendum sia legale, dovrebbe esserci un quadro giuridico che prescriva come avviare un referendum; come definire il quesito sulla scheda elettorale; come preparare i seggi elettorali, le commissioni di spoglio e la supervisione degli osservatori sul voto e sullo spoglio delle schede; e anche come tradurre successivamente la decisione dei cittadini negli atti legali e politici.

Il secondo fattore, la legittimità, è ancora più importante. Se si vuole che un referendum sia legittimo — conforme alla giustizia, alla logica costituzionale e alle norme politiche e sociale fondamentali — deve avere senso, deve avere una giustificazione. Questa giustificazione deriva dalla necessità dei cittadini di prendere decisioni informate in un ambiente sicuro.

Sono necessari media liberi e dibattiti aperti per un periodo abbastanza lungo allo scopo di promuovere la formazione di una decisione ragionevole. Le domande referendarie devono essere formulate in modo semplice e chiaro. Solo in quel caso, il processo referendario prende la forma di atto democratico deliberativo e diretto da cittadini liberi nella loro Repubblica.

 

Sì o No illegali e illegittimi

 

Quando i cittadini si recano ai seggi elettorali, non devono esserci obiezioni legali o legittime da parte della società, dei rami del potere o dei guardiani della Costituzione. Solo così il referendum è uno degli atti fondamentali di una democrazia funzionante. 

I referendum svoltisi 24-27 settembre nel sud-est dell’Ucraina devono essere riconosciuti come illegali e illegittimi.

Dal punto di vista legale, questi referendum si sono svolti al di fuori di qualsiasi quadro giuridico nazionale, sia esso ucraino o russo. Le decisioni sui referendum sono state prese da amministrazioni illegali installate nei territori occupati di due oblast ucraini (Zaporizhzhia e Kherson) e di due territori contesi (controllati dai governi delle repubbliche autoproclamate di Donetsk e Lugansk).

A queste iniziative non poteva essere applicata né la legislazione ucraina né quella russa. Fin dall’inizio, tutti e quattro i referendum non avevano alcuna legalità fondativa.

Poiché le amministrazioni degli occupanti non sono state in grado di garantire agli elettori un voto sicuro, il voto si è espresso non tanto ai seggi elettorali, ma a domicilio. Inoltre, gli osservatori — locali e stranieri — che avrebbero dovuto garantire la qualità democratica del processo e dei risultati, provenivano dalle organizzazioni e dai governi che non hanno alcun precedente affidabile in materia di corretta supervisione del voto — la loro lista ha così aggiunto sospetti ai referendum, anziché ridurli.

Non c’è stata nemmeno legittimità dietro i referendum. I quattro referendum sono stati condotti senza alcuna discussione tra i cittadini sulle ragioni legali e sulle conseguenze dei risultati referendari. Tutte e quattro le decisioni sono state prese in fretta e furia a seguito della vittoria delle forze ucraine nell’oblast di Kharkiv nella prima metà del mese. Non c’erano né tempi ragionevoli per la discussione né mezzi affidabili per trasmettere le informazioni necessarie ai cittadini ucraini per prendere una decisione in merito al quesito referendario forzato.

La lingua del quesito utilizzata è stata molto dubbia.

Ad esempio, la scheda elettorale per i territori occupati dell’oblast di Zaporizhzhia ha riportato in due lingue (russo e ucraino) quanto segue: “Sei favorevole al ritiro dell’oblast di Zaporizhzhia dall’Ucraina, alla formazione dell’oblast di Zaporizhzhia come Stato indipendente e alla sua incorporazione nella Federazione Russa come soggetto della Federazione Russa?”.

Come tutti noi possiamo vedere, questa formulazione presenta fondamentalmente tre domande per le quali viene offerta una sola risposta: sì o no. Questo trucco ambiguo non può essere considerato una definizione chiara ed equa di un quesito referendario.

Ma non è solo la formulazione ad essere dubbia.

Al momento in cui scrivo, l’esercito russo controlla circa il 65% dell’oblast di Zaporizhzhia, che è abitato da non più del 25% della popolazione dell’oblast. Una porzione così piccola della popolazione non può prendere alcuna decisione legittima per l’intero oblast.

Nell’oblast di Kherson, la questione e il contesto sono simili a quelli di Zaporizhzhia.

Nel caso delle autoproclamate “Repubbliche popolari di Donetsk e Lugansk”, la formulazione ha incluso solo una domanda, poiché le prime due domande hanno già ricevuto risposta, in referendum altrettanto illegali e illegittimi del 2014.

In ogni caso, anche se negli ultimi due casi la lingua del quesito è migliore, in tutti e quattro i casi la decisione è stata presa da una minoranza della popolazione costretta a partecipare al voto dalle amministrazioni locali, dalle forze russe e dalle milizie locali.

 

I partecipanti… fantasma

 

Infine, le cifre riportate dalle fonti ufficiali russe sul processo e sui risultati dei referendum mostrano la loro qualità fantastica. Secondo queste fonti, nelle terre devastate dalla guerra l’affluenza alle urne nell’oblast di Luhansk è stata del 92,6% della popolazione, nell’oblast di Zaporizhzhia dell’85,4%, nell’oblast di Kherson del 76,86% e nell’oblast di Donetsk del 97,51%. Questi partecipanti fantasma hanno risposto positivamente alla difficile domanda degli organizzatori del referendum: l’adesione alla Russia sarebbe stata sostenuta dal 98,69% degli elettori dell’oblast di Donetsk, dal 97,93% di quelli dell’oblast di Luhansk, dal 97,81% di quelli della regione di Zaporizhzhia e dal 96,75% degli elettori dell’oblast di Kherson. Entrambe le serie di dati sono altamente irrealistiche: non esiste un tale livello di popolazione nelle terre sotto il controllo russo, mentre la popolazione rimasta in queste terre non ha una tale unanimità.

In queste condizioni, né la legalità né la legittimità possono essere date al processo e ai risultati di questi referendum forzati.

Se i referendum del 2022 nel sud-est dell’Ucraina sono chiaramente privi di basi legali e legittime, perché tenerli? In effetti, anche per il legalismo in stile KGB di Vladimir Putin, questi referendum infrangono qualsiasi standard ragionevole. A mio avviso, le ragioni sono due. La prima ha a che fare con l’innalzamento della posta in gioco nell’inasprimento del conflitto tra la Russia, da una parte, e l’Ucraina e l’Occidente, dall’altra.

 

Il cattivo esempio ceceno

 

La seconda ragione di tali referendum è quella di prepararsi una sorta di costruzione specifica della nazione nuova nel dopoguerra. È abbastanza comune tra le élite di potere post-sovietiche vedere le loro popolazioni come una sorta di “biomassa” da cui formare soggetti fedeli.

Nelle mie numerose conversazioni passate con i rappresentanti di queste élite, la questione della “biomassa” è stata spesso sollevata e giustificata con l’esempio della Cecenia. Infatti, un tempo fa il simbolo della resistenza al colonialismo del Cremlino, la Cecenia di oggi è uno dei maggiori sostenitori del putinismo in Russia. Sono bastati meno di 20 anni per trasformare gli ammutinati nei sostenitori militanti dell’imperialismo del Cremlino. In seguito, questo metodo è stato ripetuto nella Crimea post-2014, dove la super-fedeltà è stata dimostrata nelle recenti elezioni presidenziale russe (2018), nei referendum dell’ anno 2020 e nell’attuale mobilitazione nell’esercito russo nel anno 2022. Quindi, quanto più violenti, umilianti, illogici e illegittimi sono i referendum, tanto più forte è l’impulso a formare nuovi soggetti fedeli tra la popolazione del sud-est ucraino.

La guerra in corso, se non sarà vinta dall’Ucraina e dai suoi alleati occidentali, chiuderà la prospettiva di libertà politica e civile per i popoli dell’Europa orientale, Russia compresa, per almeno tre generazioni.

 


Immagini:

– Referendum a Mariupol
– Mappa dell’Ucraina e deglio oblast
– Preparazione del referendum a Mariupol
– Manifestazione a Donetsk @Ansa