CLEMENTE REBORA
MAESTRO FUORI DALL’OMBRA

Lunedì 7 marzo ore 18,30
presso Auditorium Palazzo del Lavoro, P. za IV Novembre, 5 – Milano

Incontro di presentazione di Clemente Rebora Meridiani Mondadori,

a cura di Adele Dei

Intervengono:

Adele Dei
Curatrice del volume, Ordinario di Letteratura italiana, Università di Firenze

Uberto Motta
Ordinario di Letteratura Italiana nell’Università di Friburgo, CH

Letture di Milo De Angelis e Maurizio Cucchi

Videointervista di padre Umberto Muratore

I Meridiani Mondadori dedicano a Clemente Rebora un importante edizione, curata da un grande lavoro di Adele Dei, che ci permette di riscoprire il “maestro in ombra”, come lo definisce Pasolini (esaltandolo).
Milanese, di famiglia atea e borghese, ha attraversato le attese giovanili del primo novecento e il dramma della Grande guerra, dalla quale uscirà ricevendo il referto clinico di “malato di infinito”. Il CMC ne ha seguito da sempre le tracce con straordinari contributi di Divo Barsotti, Eugenio Borgna, Antonia Arslan e Uberto Motta (qui in approfondimenti).
Tra i più grandi poeti del novecento, per primo instaura un rapporto tra il verso e il pensiero che segnerà un’epoca e molti poeti, tra cui Montale che si confessa in posizione di debito creativo, linguistico ed esistenziale. Le poesie di Rebora mostrano per la prima volta la vita non in astratto, ma il quotidiano sfondato dal dramma e incombenza del destino, in un dialogo che ridona via via il colore e spessore delle cose.
Rebora va verso il canto, riscoperto anche come rima e suono: come la sua vita, che troverà nel compimento della vocazione al sacerdozio il canto compiuto con nuove parole.

 

“… vorrei allora giovare ed elevare tutto e tutti; smarrirmi come persona per rivivere nel meglio o nel desiderio di ciascuno, esser un dio che non si vede perché è negli occhi medesimi di che contempla, essere un’energia che non si avverte perché è nel divenire stesso di ogni cosa che esiste, perché si ricrea ogni attimo”.

Clemente Rebora, lettera a Daria Malaguzzi, 1911


Avevano dunque ragione loro, i marginali, gli eteronomi, i maestri in ombra: Sbarbaro o Boine, Jahier o Campana, che in modi così diversi scrivevano in nome della “vita”;
o, appunto, Rebora. Poeti che, ai margini della gioventù, ai margini, ora, della vecchiaia, persistono, si salvano, fuori dalla storia: della loro storia particolare, cronologica letteraria, vogliamo dire, ma anche della storia tout court.
Il loro luogo è la loro anima, la loro vita interiore. Più cara che a tutti gli altri, questa salvezza fuori dalla storia costa al più imprevisto di questi superstiti, a Rebora. Egli, infatti, nella storia, permane: e con tutta l’umiltà, tutta la volontà necessarie: vi permane proprio attraverso l’istituto secolare di quello spirito ineffabile e per dogma metafisico, in cui egli, dalla storia, ripara: l’Ordine religioso, la Chiesa.  

Pier Paolo Pasolini, Officina, 1956


O cose del mondo. Dite, fateci conoscere questa maniera misteriosa che l’invisibile amore ha nel costruirvi, mostratela a noi che, meschini come siamo, crediamo che le cose che esistono siano quelle che possiamo toccare e plasmare noi stessi. Urge, allora, la scelta tremenda: “Dire si dire no, / a qualcosa che so”… . Allora tutta quanta l’energia che l’uomo Clemente Rebora poneva nella collaborazione alla realtà che valutava esser positiva, lentamente si polarizza nella tensione alla ricerca del volto di questo Dio nascosto.

Luigi Giussani, Le mie letture, 1996

 

 

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APPROFONDIMENTI

Rebora e la Grande guerra con Antonia Arslan e Uberto Motta