Comprendere, non scandalizzarsi: un viaggio dentro Adolescence

Riflessioni di un giovane psicoanalista che ha “incontrato” la serie TV più vista e discussa del momento. Un percorso di comprensione per evitare di scivolare in luoghi comuni o trarre conclusioni affrettate consolatorie. Perché la questione genitori – figli è un tema molto serio. E, forse, la prima mossa è quella di madri e padri che accettino la sfida di ascoltare i propri figli. 


25 aprile 2025
No fiction
di Lorenzo Buggio

“Penso che si debba sempre cercare di capire: c’è sempre una possibilità concreta di comprendere le cose. E, quando le si capisce, non scandalizzano più. Le cose vanno comprese, poi eventualmente giudicate. Il giudizio è legittimo, ma non lo scandalo.”
La frase che apre questo articolo proviene da Comizi d’amore di Pier Paolo Pasolini. È la risposta che Alberto Moravia fornisce ad una domanda di Pasolini stesso. Ma perché iniziare un articolo su Adolescence con queste parole? Semplice: mentre guardavo la serie, mi sono ritrovato spesso a riflettere su quel concetto di comprensione che Moravia intende offrire.
Ora voglio chiarire subito una cosa: questo articolo non sarà un commento tecnico o cinematografico alla serie, né una vera e propria disamina psicologica delle tematiche trattate. Piuttosto, sarà una sorta di registro delle riflessioni che, tenendo conto della mia professione, mi sono sorte nel momento in cui ho ‘incontrato’ – sì, userei proprio questo termine – questa serie televisiva.

Persona al museo e un opera di Magritte

Il mio incontro con la serie TV

Come in tutte le storie di incontri, è giusto raccontare anche come si sia arrivati a conoscere questa serie. A dire il vero, è quasi impossibile non conoscerla – o perlomeno, è difficile non averne sentito parlare, soprattutto se, come me, si fa lo psicologo di professione.
Da quando è uscita, non ho avuto un solo incontro – che fosse con amici, parenti, conoscenti o anche perfetti sconosciuti – in cui qualcuno non mi chiedesse: “Ma l’hai vista? Cosa ne pensi? E su questi adolescenti, tu che ci lavori, cosa ci puoi dire?
Spinto da queste continue sollecitazioni, e anche da un desiderio personale di riflettere, nell’ultima settimana ho deciso di dedicare un’ora ogni sera alla visione di un episodio.
Adolescence è una serie che, tra le altre cose, ha il potenziale di scandalizzare. Ma, piuttosto che concentrarmi su ciò che potrebbe turbare, preferisco soffermarmi proprio sul concetto di scandalo.
Il punto centrale, e il motivo per cui mi interessa davvero ragionare su questo concetto, è che, a mio avviso, questa non può essere la risposta. Di fronte a temi forti, urgenti, necessari, la posizione di chi si scandalizza è, forse, la più sterile.

“Lei è sicura che possiamo parlare di questo”

Sento già che qualcuno di voi si chiederà: Perché? Come mai?” La risposta è che la posizione dello scandalo implica un punto cruciale: come ci dice Moravia, quando ci scandalizziamo di un evento, una teoria o un punto di vista, non li comprendiamo mai veramente. Mi viene in mente un episodio del liceo, quando un mio insegnante si irritava molto più se rispondevo con un “boh, non lo so” rispetto a quando ammettevo di non ricordare una risposta. La sua reazione era chiara: “Non so” significa non mettersi nella condizione di cercare una risposta.
Lo scandalo ci porta dunque a liquidare una questione senza rifletterci a fondo, e una volta che l’effetto iniziale svanisce, tutto viene dimenticato. Questo è il problema dello scandalo: implica che una volta che l’evento è passato, scompare. Per esempio, tra qualche mese, quando questa serie non sarà più la prima nelle raccomandazioni di Netflix, tutto il discorso che sarebbe potuto nascere da essa sparirà.
Ed è proprio per questo che non voglio prendere la posizione dello scandalo. Questo articolo si pone, invece, nella posizione di Moravia: quella di chi sprona a comprendere, non a scandalizzarsi. Se desiderate continuare a leggere, vi invito a mettervi, per la durata della lettura, nella posizione di chi non comprende, ma desidera farlo, non nella posizione di chi si scandalizza.
Chiedo scusa per questa lunga premessa, ma mi sembrava necessaria per introdurre la tematica centrale che, a mio avviso, emerge dalla serie televisiva: la difficoltà di parlare di determinati argomenti. Nel terzo episodio, troviamo una scena in cui una mia collega – seppur interpretata in una finzione – è chiamata a fare una valutazione del protagonista, Jamie. In un momento del dialogo, Jamie, preoccupato di tradirsi, chiede alla psicologa: “Lei è sicura che possiamo parlare di questo?Ecco, forse questa è la domanda che più di tutte incarna il punto centrale della serie, il punto su cui non bisogna scandalizzarsi.

Il deficit di cercare risposte dai propri figli

Per comprendere meglio questa questione, è necessario scomporla in due parti. Prima di tutto, parliamo del concetto di ascolto. Cosa intendo con ascolto? Molto spesso, pur ascoltando le persone, non ci mettiamo mai davvero nella condizione di comprenderle. La serie ci mette di fronte a questa difficoltà, soprattutto nelle dinamiche tra genitori e figli. Ma cosa significa ascoltare veramente? Ascoltare significa accettare che l’altra persona possa non essere perfetta, ma soprattutto che non risponderà sempre in modo conforme alle nostre aspettative.
Un aspetto interessante sull’ascolto, che emerge nella serie Adolescence, è come venga spesso interpretato più come una ricerca di risposte che come un’autentica apertura al comprendere. Nell’episodio finale, senza svelare troppo della fiction, il tema della genitorialità occupa un ruolo centrale. Non è raro, leggendo le recensioni online, imbattersi in commenti come “sono felice di non avere figli” oppure “fare il genitore è davvero complicato”. Sebbene queste affermazioni siano comprensibili, il fulcro del discorso non è tanto la difficoltà dell’essere genitori, quanto la capacità del regista di mostrare come, nella serie, i genitori cerchino risposte dai propri figli senza mettersi davvero in ascolto.

Distinguere tra colpa e responsabilità

A questo punto, vorrei affrontare un altro tema che la serie mette in evidenza: la ricerca di un colpevole. Quando individuiamo un colpevole, sembra che tutto si sistemi, come se bastasse per chiudere la questione. La serie si sviluppa proprio attorno a questa dinamica, ruotando intorno a un interrogativo centrale: è possibile che un ragazzo di 13 anni abbia davvero ucciso una sua coetanea, con tale brutalità, a coltellate? Un tema che, purtroppo, ci richiama alla mente diversi fatti di cronaca nera italiana.
Riflettendo su questo, credo sia giusto che chi commette un crimine debba rispondere delle proprie azioni davanti alla giustizia. Tuttavia, è importante distinguere tra colpa e responsabilità. Chi è colpevole è certamente anche responsabile, ma troppo spesso ci si limita a cercare un colpevole per chiudere il discorso in fretta. Invece, se spostiamo lo sguardo sul concetto di responsabilità, possiamo iniziare un percorso di cambiamento più profondo.
Questo è un lavoro difficile e che richiede tempo. Cercare il colpevole è un processo più semplice, ma non porta a un cambiamento reale. La serie ci pone davanti a una scelta simile a quella di Matrix, tra la pillola rossa e la pillola blu. Da una parte, possiamo scegliere la strada più semplice, quella che trova un colpevole, lo condanna e poi passa oltre. Dall’altra, possiamo scegliere una strada più complessa, quella che interroga la responsabilità di ciascuno per comprendere il perché di un atto.

Guardare con occhi diversi

Concludendo credo dunque che scandalizzarsi, cercare un colpevole e passare oltre è un processo che risulta spesso più semplice, ma il vero punto centrale è affrontare la responsabilità. Solo quando ci si interroga davvero sul perché delle cose, senza liquidarle con frasi condannevoli, si può sperare in un cambiamento.
Se deciderete di guardare questa serie, fatelo con occhi diversi. Potete scegliere di guardarla come chi si scandalizza, immergendovi nei suoi episodi senza chiedervi niente. Oppure, potrete guardarla con un altro sguardo, interrogandovi sul perché delle cose, e solo così potrete iniziare a fare il primo passo verso il cambiamento. Perché ricordate: il cambiamento è possibile solo se si accetta di parlarne.