Papa Francesco: la mia autobiografia è nella mia sacca da viaggio

La storia umana e pastorale di Jorge Mario Bergoglio raccolta nella sua autobiografia intitolata Spera (Mondadori). In questo racconto c’è il papa che abbiamo conosciuto. La sua fedeltà a Cristo, il suo stile, il suo gusto per la vita, le sue preoccupazioni, l’amore per i giovani. Un libro che ha l’incedere della testimonianza. Un dono prezioso. Di fede, speranza e carità


9 maggio 2025
L’intelligenza del cuore
di Enzo Manes

Bergoglio in metropolitana a Buenos Aires, in Argentina, nel 2008 ? Ap

A pagina 320: «Il perdono non è tradimento e non è debolezza. Tutt’altro. Come ho detto nel mio discorso di fronte al Congresso degli Stati Uniti, nel settembre 2015, imitare l’odio e la violenza dei tiranni e degli assassini è il modo migliore di prendere il loro posto. La nostra, invece, dev’essere una risposta di speranza e di guarigione, di pace e giustizia. Trattiamo gli altri con la medesima passione e compassione con cui vorremmo essere trattati. Cerchiamo per gli altri le stesse possibilità che cerchiamo per noi stessi. Aiutiamo gli altri a crescere, come vorremmo essere aiutati noi stessi. In una parola, se vogliamo sicurezza, diamo sicurezza; se vogliamo vita, diamo vita; se vogliamo opportunità provvediamo opportunità. La misura che usiamo per gli altri sarà la misura che il tempo userà per noi. Dobbiamo sostituire alla vigliaccheria delle armi il coraggio della riconciliazione. La guerra ha un nome femminile, ma non ha mai un volto di donna: abbiamo bisogno dello sguardo delle madri, abbiamo bisogno del loro coraggio. E abbiamo bisogno di architetti che sappiano incarnare questa consapevolezza e questa visione. Perché non possiamo permettere che il nuovo papa si trovi ancora nella necessità di innaffiare quella pianta di ulivo tra dieci anni».
Questo passaggio è nel capitolo intitolato Lo scandalo della pace e fa parte di Spera l’Autobiografia di papa Francesco che usciva in oltre 100 Paesi a metà di gennaio 2025 scritta con il giornalista Carlo Musso per i tipi Mondadori.
Un dono prezioso, praticamente in avvio dell’anno giubilare dedicato al tema della speranza.

Un’adesione vibrante a Gesù

Il libro, dopo la morte del Santo Padre, ha preso a volare alto nelle vendite e oggi occupa in Italia la prima posizione. Si tratta di un lavoro che conferma la grande umanità di Bergoglio, il suo parlare diretto, la capacità di suscitare attenzione attraverso un racconto sempre alimentato dall’esperienza. Il tutto sorretto da un’adesione vibrante alla persona di Gesù Cristo a quel Tu che gli è stato amico fedele per tutta la vita. Può essere che diversi episodi della vicenda terrena di Bergoglio, soprattutto i fatti legati alla sua famiglia migrante dall’Italia in Argentina, siano conosciuti. Ma qui, proprio perché è Francesco a dire e a fare memoria in prima persona, li si incontra sotto una veste diversa. Più emozionante e coinvolgente.
Spiega nella prime righe dell’introduzione: «Il libro della mia vita è il racconto di un cammino di speranza che non posso immaginare disgiunto da quello della mia famiglia, della mia gente, del popolo di Dio tutto. È in ogni pagina, in ogni passo, anche il libro di chi ha camminato insieme a me, di chi ci ha preceduto, di chi ci seguirà. Un’ autobiografia non è la nostra letteratura privata, piuttosto la nostra sacca da viaggio. E la memoria non è solo ciò che ricordiamo, ma ciò che ci circonda. Non parla unicamente di quel che è stato, ma di quel che sarà. La memoria è un presente che non finisce mai di passare, dice un poeta messicano». E così, ogni pagina del libro è la messa in pratica del tener viva la memoria proprio in quanto presente che non finisce mai di passare. È questa promessa mantenuta che rende l’opera un’autobiografia vivace, anche sorprendente. 

«Ringrazio sempre la Provvidenza Divina»

Spera inizia accedendo l’attenzione sui suoi nonni: Giovanni e Rosa.  Che nel 1929, con Mario che sarà il papà di Jorge Mario Bergoglio, partono in nave per il Sud America. In verità, la lunga traversata sarebbe dovuta avvenire due anni prima; avevano già comperato i biglietti per imbarcarsi sulla nave Principessa Mafalda.
Invece non vi salirono perché non erano riusciti a vendere i loro beni, in verità molto pochi. La Principessa Mafalda mai raggiunse Buenos Aires: naufragò il 25 ottobre 1927. «Per questo io ora sono qui», precisa il pontefice. E aggiunge: «Non immaginate quante volte mi sia trovato a ringraziare la Provvidenza Divina».
Il libro è scandito di vicende drammatiche ma anche di pagine di vita gioiose. Non vi è mai netta separazione, proprio perché la verità della vita tiene dentro tutto. Ma con un “nota bene”, dice il papa a un certo punto: «Serve umiltà per rappresentare l’esperienza complessa della vita». E serve non voltare le spalle a come si manifesta il mistero nel provocarti alla vocazione. A pagina 145 c’è la partecipata descrizione di un fatto che lo ha indirizzato per la vita. L’episodio lo dettaglia, rivivendolo proprio: «La mattina dovevo fare una commissione per mia madre, delle pratiche per aiutare una signora del barrio a ottenere la pensione, e poi ci saremmo visti all’appuntamento alla stazione. Ma prima di prendere il tram, una volta passato in prossimità della chiesa di San José ho sentito come se qualcuno mi chiamasse, o meglio, ho avvertito qualcosa che mi spingeva a entrare; un qualcosa di forte mai provato, e che affrontai anche con un po’ di superstizione: se non entri potrebbe pure capitarti qualcosa… Entrai, dunque, guardai in fondo alla lunga navata della basilica, verso l’altare, e vidi venire verso di me un sacerdote, che non conoscevo, che non avevo mai visto prima nonostante quella fosse la chiesa dove andavo abitualmente a Messa la domenica. In quel momento ho sentito che dovevo confessarmi. Il prete si sedette in confessionale, l’ultimo alla sinistra dell’altare, e anch’io vi entrai. Non so raccontare in modo diverso cosa accadde: confessai i miei peccati ovviamente, e quel sacerdote mi trattò con amorevole gentilezza… eppure mi rendo conto che questo non basta a spiegare. Fatto sta che uscii che non ero più lo stesso, e con la consapevolezza che sarei diventato sacerdote».

La speranza pellegrina

E così è stato. La Compagnia di Gesù, la responsabilità educativa, il “suo” popolo argentino. Le periferie. E poi la nomina a vescovo e ad arcivescovo di Buenos Aires. E ancora: la porpora cardinalizia, il rapporto fraterno con Benedetto XVI. E quindi ecco Jorge Mario Bergoglio al soglio di Pietro: quel cardinale venuto quasi dalla fine del mondo che si impone il nome di Francesco. Gli anni di pontificato, difficili ma entusiasmanti. Mai malinconici. E tutto questo vibra nel libro grazie alla semplicità del suo dire, del suo essere testimone dell’annuncio cristiano. Del suo essere di Cristo. Estrapoliamo un ultimo passaggio, lo prendiamo da pagina 354 perché tocca un tema molto attuale. Eccolo, allora, il punto che preme a Bergoglio: «L’educazione è sempre un atto di speranza che dal presente guarda al futuro; e, come la speranza, è pellegrina, perché non può esistere educazione statica. È un percorso in due sensi, un dialogo, che non significa condiscendenza né relativismo, e che disvela il suo segreto in tre linguaggi: quello della mente, quello del cuore e quello delle mani. La maturità esige che si pensi quello che si sente e si fa, che si senta quello che si pensa e si fa, che si faccia quello che si sente e si pensa. È un coro, un’armonia che chiede di essere coltivata prima di tutto in noi stessi».