A scuola di intelligenza artificiale
Non solo libri
ChatGBT che sostituisce il sacerdote nella scrittura dell predica della domenica. Fantascienza? Mica tanto. Un prof il pomeriggio del venerdì in oratorio in attesa di alcuni suoi studenti per aiutarli a studiare insieme. Occasione inaspettata per verificare, ancora una volta, delle potenzialità di una tecnologia che va per la maggiore. Ma gli studenti la stanno utilizzando? E in che modo? Qualcuno preferisce ancora il calcetto.
21 aprile 2023
di Paolo Covassi
Venerdì pomeriggio. Per chi non va a scuola il sabato è forse il momento migliore, e non solo per gli studenti. Io ho proposto ai miei alunni di trovarci a studiare, ma non avevo considerato che il venerdì pomeriggio è il momento di massima decompressione: dopo la mattinata a scuola si può decidere di non far niente.
Posticipare: ai compiti e al lunedì ci si penserà poi. Non hanno avuto il coraggio di dirmi che non ci pensavano nemmeno lontanamente di farsi vedere, ma non hanno neanche detto di sì. Pazienza. Starò un po’ a godermi il sole su questa panchina dell’oratorio dove dovremmo studiare e poi andrò a casa anch’io.
Mentre mi immedesimo sempre più nel mio ruolo di lucertola vengo distratto da una voce famigliare: “Hai già preso il caffè?”. È don Franco, il prete a cui ho chiesto ospitalità per poter studiare con i ragazzi. “In realtà sì – rispondo – ma credo che un altro mi farebbe bene”.
Lo scontro tra Ettore e Achille
Apre il locale a piano terra e si mette dietro il bancone a fare due caffè; è anche buono! Mi chiede come va la scuola, e mi devo impegnare per non partire con la solita lamentazione da insegnante: se seguissero, se studiassero, se lasciassero da parte il telefono, se… tutte cose vere e sacrosante, per carità, ma che ormai sono il costante sottofondo che accompagna i docenti di ogni ordine e grado quando si incontrano e, sinceramente, non se ne può più.
Quindi parto dall’aspetto positivo più evidente: “Sono simpatici”. In effetti con i ragazzi, oggi forse più di ieri (e così la finiamo anche con la tiritera “ai miei tempi… i giovani di oggi…”) è possibile entrare in un rapporto che va oltre alle materie di studio.
Non sto dicendo che si possa (o si debba) diventare amici, assolutamente, deve essere ben chiaro chi è ragazzo e chi adulto e che i rispettivi ruoli meritano ed esigono rispetto e una certa “distanza”, ma complice il fatto che di adulti (veri) se ne trovano sempre meno credo che oggi i ragazzi siano più pronti a mettersi in gioco. Magari mi sbaglio… ma la mia impressione è questa. Interrompo il filo dei miei pensieri e aggiungo: “A volte però questa simpatia è una fregatura. L’altra settimana in prima avevo dato da svolgere un compito a casa.
Avevamo letto in classe lo scontro raccontato nell’Iliade tra Ettore e Achille, loro dovevamo scrivere le differenze tra i due eroi basandosi sul brano letto. Avendoli minacciati di conseguenze apocalittiche tutti sono arrivati con il compito svolto, così ho deciso di ritirarli per correggerli. Uno dei primi che mi capita sotto mano, a un certo punto, scrive: ‘dopo il drammatico soliloquio dell’eroe troiano’ e mi sorge un dubbio… l’autore non è certo uno dei più brillanti in italiano (eufemismo) e così riporto la frase su google. Esito: differenzetra.it, un sito specializzato nel riportare le differenze tra personaggi letterari e non solo, da cui il nostro primino eroe ha ripreso sillaba per sillaba il suo compito.
Il giorno dopo, prima di riconsegnare i lavori corretti, lo chiamo e gli chiedo se sappia che cos’è un soliloquio. Lo sguardo che mi arriva come risposta non solo riporta un grosso NO, ma mi ribalta la domanda: perché dovrei saperlo? Poi dopo un istante si illumina e mi propone un sorriso talmente contagioso che sia io sia i compagni (che avevano intuito al volo dove volessi andare a parare con la mia domanda) non possiamo fare a meno di metterci a ridere. Se non altro, quando gli dico che dovrebbe almeno andare a vedere il significato delle parole che copia, mi dà ragione… è già qualcosa”.
Una predica ortodossa
Don Franco sorride, poi mi chiede “ma con l’intelligenza artificiale come farete? Lì non c’è modo di risalire a un sito per dimostrare che il compito è stato copiato… ogni volta che si rivolge una domanda la risposta cambia, inoltre impara… vieni qui – e mentre mi avvicino estrae il suo smartphone – sai cosa ho fatto? Ho chiesto a ChatGPT di scrivermi una predica sul vangelo del cieco nato”. Lo guardo incredulo e cerco di capire quale sia stato l’esito. “Te la leggo, tanto è breve”.
E già il fatto che sia breve depone a favore dell’intelligenza artificiale (sia chiaro, lo dice anche il Papa che le omelie devono essere brevi…). In effetti in meno di dieci minuti arriva alla fine. Semplice, lineare, ortodossa. Ho la tentazione di dire che forse in alcuni casi non sarebbe così male che si utilizzi questa modalità ma mi anticipa: “E’ meglio delle omelie del mio parroco!” E ride di gusto. In realtà non c’è molto da ridere… anzi. È arrivato il momento in cui è totalmente inutile dare compiti a casa? La soluzione, forse, potrebbe essere la cosiddetta classe capovolta (o flipped classroom) dove la parte di studio/comprensione viene svolta a casa dagli studenti e a scuola si verificano le conoscenze, ma non è così semplice… soprattutto per chi fa più fatica.
Ma soprattutto il problema è ancora a monte: come convincere i ragazzi che vale la pena affrontare la fatica dello studio? Se basta digitare una domanda online per avere risposte, testi o perfino prediche (e pure costruite secondo la retorica che si insegna nei seminari, mi garantisce il don) perché studiare?
Un rischio realistico
A me vengono in mente un milione di motivi, ovviamente, ma nella confusa mente di un quindicenne il cui principale obiettivo è fare meno fatica possibile? Mi viene il dubbio che siamo di fronte a una rivoluzione più grande di quanto possa sembrare, che alla fine il “problema” dei compiti non sia che uno dei tanti piccoli corollari ma che il “bersaglio grosso” sia ben altro. Per dirla con una battuta, speriamo che all’aumento dell’intelligenza artificiale non corrisponda una diminuzione dell’intelligenza naturale… anche se il rischio sembra più che realistico.
Usciamo dal locale/bar presi dalle nostre discussioni e, sorpresa, sono arrivati due ragazzi. Ovviamente i più sderenati, quelli che mai avresti pensato che sarebbero venuti a studiare un venerdì pomeriggio… infatti uno dei due non ha neanche lo zaino con i libri.
“Ragazzi, avete mai usato ChatGPT?”
“E’ quella roba che ti fa i compiti, vero? No, ma ne ho sentito parlare”
“Io ci ho provato”
“Come ci hai provato? L’hai usata o no?”
“Ma, ci ho provato, ma bisognava registrarsi, fare delle robe… ho lasciato perdere. Troppo sbatti”. Chissà, magari la pigrizia salverà il mondo.
“Prof, partita?” Mi chiede con in mano la pallina del calcetto. Sguardo di intesa con don Franco: “Ok, ma se vinciamo noi si studia”.