Andrea Aziani: «Dobbiamo bruciare, ardere di passione per l’uomo perché Cristo lo raggiunga»
Dall’università a Milano a Siena. Mandato da don Giussani. Poi, in missione a Lima, capitale del Perù. Questo gigante della fede e della carità, morto ad appena 55 anni, all’improvviso per un infarto, potrebbe essere il primo laico dei Memores Domini a essere elevato alla gloria degli altari. La sua commovente storia ora è in un libro da titolo “Andrea Aziani, febbre di vita”, ed. Itaca, 2023. Scritto da Gianni Mereghetti e da Gian Corrado Peluso, con lui in missione per far nascere una presenza cristiana in università. Un libro ricco di aneddoti e umanità. Che racconta di un uomo avvinto dal mistero di Cristo
26 gennaio 2024
La predilezione per i più poveri
di Lucio Brunelli
Basco alla Che Guevara, barba e capelli lunghi. Lo ricordo così, Andrea Aziani, al tempo dell’Università.
Allegro, estremo e pieno di vita. Avvinto dal mistero di Cristo. Già allora con il sogno di fare il missionario.
Poi i capelli caddero e la barba divenne bianca ma la “febbre di vita” non venne meno, anzi, e la sua personalità si addolcì. Un gigante della fede e della carità.
Quel tipo calvo con la barba bianca
Andrea potrebbe essere il primo laico dei Memores Domini ad essere elevato alla gloria degli altari. Un libro ora ne racconta la vita intensa e la predilezione per i più poveri, tra Abbiategrasso, Siena, Firenze e il Perù. Questa è la recensione che ho scritto per L’Osservatore romano (19/1/2024).
Sebastiana a quel tempo aveva 14 anni e viveva sotto un ponte, si cibava di ciò che trovava nei cassonetti dei rifiuti. Orfana di entrambi i genitori aveva lasciato Arequipa per trasferirsi a Lima. Un giorno, sotto il ponte, le apparve un uomo: si inginocchiò davanti a lei, le sorrise e le baciò i piedi dicendo: “Gesù ti vuole bene”. Lei continuava a pensare a quella strana apparizione e al sorriso di quell’uomo. Aveva smesso già da bambina di credere in un Dio che le sembrava troppo indifferente alle sue sventure ma avrebbe desiderato rivedere quel tipo calvo con la barba bianca. Sembrava un uomo buono.
Accadde poi che una zia propose a Sebastiana un piccolo lavoro, come aiutante domestica, a casa di un gruppo di monaci che però non indossavano alcun abito religioso, a Lima. La ragazzina accettò e appena entrata nella casa lo riconobbe: non era possibile! proprio lui, l’uomo del ponte. Era felicissima. Lui pure la riconobbe e l’abbracciò: “eh, bambina!” le disse.
Sebastiana, il sorriso e la fede ritrovata
Quell’uomo si chiamava Andrea Aziani. Grazie a lui la vita di Sebastiana ritrovò il sorriso e persino la fede in Dio. Ora, che Andrea non c’è più e lei è diventata una donna, la testimonianza di Sebastiana figura negli atti della causa di beatificazione di Aziani. Causa introdotta nel 2016, ad otto anni dalla sua morte improvvisa, dal vescovo emerito di Lima-Carabaylla, monsignor Lino Panizza. Se il processo canonico avrà esito positivo Andrea sarà il primo laico dei Memores domini elevato alla gloria degli altari.
Un libro fresco di stampa racconta la vita intensa, per certi tratti avventurosa, sempre al limite, di questo devotissimo figlio spirituale di don Giussani, mandato missionario in Perù: Andrea Aziani, febbre di vita, ed. Itaca, 2023. Gli autori sono Gianni Mereghetti e Gian Corrado Peluso detto Dado, quest’ultimo amico carissimo e compagno fedele di Andrea.
Missionario in Perù
Il racconto comincia con gli anni dell’infanzia, ad Abbiategrasso, dove Aziani nacque nel 1953. La mamma, Maria Samek Ludovici, aveva origini ebraico-ungheresi, morì quando Andrea era bambino.
Il nonno, antifascista, era stato esponente del partito popolare e senatore della repubblica. Nel 1968 Aziani si lascia attirare dal vento del cambiamento ma lo spartiacque della sua vita è l’incontro con il movimento di Comunione e liberazione. Da subito sente il richiamo ad una adesione totale, senza mezze misure, all’ideale cristiano. Eskimo, barba e capelli lunghi, basco in testa; sandali francescani ai piedi, anche d’inverno. Allegro, pieno di vita, desideroso di far conoscere a tutti il mistero di Cristo che lo avvince.
Don Giussani gli chiede di lasciare la Statale di Milano e trasferirsi per qualche anno a Siena, insieme a Dado, per far nascere la comunità cristiana in università. È il 1976. Andrea ubbidisce e lascia tracce memorabili del suo passaggio sia nella città del Palio sia a Firenze. Ama quei luoghi e quelle persone, scopre la sua vocazione laicale alla verginità aderendo ai Memores. Ma da tempo in cuor suo sogna di partire missionario. Giussani lo fa pazientare parecchio. Infine, nel 1989, quando Andrea ha 36 anni, cede. Destinazione Perù, America latina. Non luoghi esotici e sperduti ma la capitale Lima tra studenti un po’ più giovani di lui. Insegnante in università. Andrea si coinvolge e si appassiona, secondo il suo temperamento, davvero una febbre di vita, un fuoco missionario che ricorda i primi gesuiti inviati in Asia. Scrive a Dado nel 1993: «Che qualcuno si innamori di ciò che ha innamorato noi! Ma perché sia così noi dobbiamo bruciare, letteralmente ardere di passione per l’uomo, perché Cristo lo raggiunga».
Aiuti concreti alle famiglie povere
Gli stanno strette le aule universitarie. Il libro racconta decine di aneddoti: ragazzi e ragazze di famiglie povere che lui riesce ad aiutare, trovandogli un lavoro o i mezzi per farli studiare. Un impegno discreto, senza fanfare o squilli di narcisismo. Silvia Neciosup, oggi primaria di oncologia a Lima, ricorda che quando iniziò a studiare medicina, non aveva i soldi per pagarsi l’università; Andrea le disse di aver trovato una famiglia italiana che poteva adottarla a distanza nel suo percorso formativo. Non era vero, era Andrea stesso che tirava fuori i soldi, ma a Silvia lo confidò solo dopo la laurea, chiedendole di non dirlo a nessuno. Ciellino doc, Andrea non si lasciò mai imprigionare in schieramenti ideologici o politici. Divenne grande ed entusiasta amico di Juvenal Nique Rios, un rivoluzionario peruviano che combatté a fianco di Che Guevara. Riuscì a metterlo in contatto con don Giussani che gli scrisse una lettera stupenda. “Andrea ci ha testimoniato che Cristo è vivo oggi” ha detto Juvenal agli autori del libro.
Gli ultimi anni furono molto presi dall’impegno nella Universidad Catolica Sedes Sapientia. Un progetto di monsignor Panizza per rendere l’istruzione universitaria accessibile anche alle classi sociali meno fortunate.
Andrea morì a soli 55 anni, il 30 luglio 2008, stroncato da un infarto durante una riunione. Nella sua ultima lezione, poche ore prima, aveva citato un passaggio del Cantico dei cantici: “l’amore è forte come la morte”. Lui aveva aggiunto: “è più forte della morte”.
Ad omaggiare la sua salma, esposta per tre giorni al pubblico, andarono migliaia di peruviani. C’erano i suoi alunni, gli amici di Cl, e tanti sconosciuti, in lacrime, persone che Andrea aveva aiutato nell’arco della sua vita ed erano passati a dirgli grazie.