Scoperte e nuovi orizzonti
Il satellite Planck (dell’Agenzia Spaziale Europea ESA è il più potente telescopio a microonde mai concepito. E’ dedicato al fisico tedesco, premio Nobel per la fisica, Max Planck (1858 – 1947).
Dal 2009 Planck osserva la “prima luce” rilasciata nello spazio circa 14 miliardi di anni fa, il cosiddetto “fondo cosmico di microonde”, quando l’età dell’universo era meno dello 0,003% di quella attuale.
L’industria spaziale dell’area milanese, ha contribuito in modo decisivo alla realizzazione di uno dei due strumenti a bordo di Planck, il Low Frequency Instrument (LFI), e alla preparazione dell’analisi scientifica dei dati della missione. Marco Bersanelli, docente di Astronomia e Astrofisica al Dipartimento di Fisica della Statale e guida del gruppo Planck di Milano è “Instrument Scientist” di LFI .
Il Centro Culturale di Milano che con l’associazione Euresis aveva raccontato la costruzione, il lancio e le prime immagini, ritorna, come promesso, sugli esiti finali di Planck grazie ai suoi protagonisti.
A Milano avverrà così la prima presentazione in pubblico delle immagini raccolte e dei risultati. Come aveva affermato Bersanelli «Più a lungo osserviamo il cielo e più accurata è la misura che possiamo ottenere. E’ un po’ come fare una foto quando c’è poca luce: per avere una buona immagine dobbiamo aumentare il tempo di esposizione. Raddoppiando il tempo di osservazione, come contiamo di fare prolungando la survey di Planck fino a due anni, la precisione migliora del 40%. Questo miglioramento potrebbe rivelarsi molto importante per sondare l’impronta di fenomeni ultra-energetici che potrebbero farci toccare con mano le primissime frazioni di secondo di vita dell’universo, la cosiddetta epoca dell’inflazione, quando lo spazio potrebbe aver subito un’espansione vertiginosa».
In diretta dalla Missione Planck
Nuove notizie sull’origine dell’Universo
a cura di Marco Bersanelli, codirettore Missione Planck
Controinformazioni
Una caratteristica della comunicazione contemporanea ci abitua a pensare di conoscere quanto più si parla o scrive di qualcosa. Molta realtà rimane invece nascosta sotto il battage della necessità, delle notizie moltiplicate per la vendita degli strumenti (media) e delle informazioni.
Un gruppo di docenti, tra cui Silvano Petrosino, ha suggerito al CMC di scoprire come sia già un giudizio, un lavoro da centro culturale, far emergere certe realtà di cui nulla sappiamo -ma di cui siamo molto informati- che stanno modificando di fatto l’approccio alle cose.
Comunità e convivenza sono rappresentate dai social network? Cosa accade veramente alla conoscenza, alla lingua, alla ricerca sotto la ‘dittatura delle parole’ (infatti non più il nostro è ‘tempo dell’immagine’). C’è un collegamento biunivoco tra un’educazione all’ultimo livello delle priorità e il primo raggiunto dagli strumenti social?
La persona, nel suo lato di fragilità ed esperienza singolare, che accoglienza e cura trova oggi?
Perché alcune scienze umane o di cura e medicina sono state incanalate sempre più in una normativa che fa letteralmente scomparire la complessità e il tempo della persona (devi decidere chi sei a livello sessuale o inserirti in una certa malattia per ricevere la cura)?
La cultura e i suoi strumenti, tra cui i libri, sta cambiando veste. Rimarrà se stessa? E si potrà trovare davvero quello che già si cerca? Alla scoperta dei meccanismi e svendite operati da chi lamenta l’abbandono della cultura da parte dello Stato o demonizza il nemico tecnologico per poi usarlo contro il mercato di altri.
Norme e gabbie all’esperienza
Chi ha rubato la persona?
a cura di Eugenio Borgna, Maria Teresa Ferla, Maria Teresa Maiocchi
Molto network poco Social?
Analisi della dittatura delle parole
a cura di Marco Bardazzi, Massimo Gaggi, Gianni Riotta