Daniele Mencarelli, l’archeologo dell’umano

L’ultimo lavoro dello scrittore romano ne conferma la qualità di poeta – narratore. Il felice ritorno alla poesia è segnato, nel prestigiosoSpecchio” Mondadori, conDegli amanti, non degli eroi”. Un affondo che scava nel profondo per esaltare il rapporto indissolubile e carico di tensione tra l’uomo e l’amore. Una scrittura inquieta, in cammino, di respiro metafisico. Espressa bene in due poemetti che compongono un’opera lontana da bizantinismi ermetizzanti oggi troppo in voga.  


22 marzo 2024
Poesia pasoliniana
di Francesco Napoli

Daniele Mencarelli al CMC @ArchivioCMC

La tradizione italiana ha dalla sua una buona e continua qualità di narratori-poeti. Restando al solo Novecento si possono qui ricordare Giorgio Bassani, Alberto Bevilacqua, Dacia Maraini, Elsa Morante, Ottiero Ottieri, Paolo Volponi e, il più multiforme per ingegno e realizzazioni Pier Paolo Pasolini, tra i più continui e forti punti di riferimento per Daniele Mencarelli.
Ma nel caso di Mencarelli si può decisamente sovvertire l’ordine e affermare di lui che è un poeta-narratore. E non c’è occasione pubblica nella quale l’autore non pronunzi la sua primaria vocazione e dedizione alla poesia. Poi, possiamo rammentare, anche per sommi capi, il suo percorso letterario, con l’iniziale e lunga frequentazione della rivista “ClanDestino” di Davide Rondoni e con le prime prove di scrittura in poesia che giungono all’espressione più compiuta nel 2013 con Figlio (Nottetempo). Un lavoro poetico in seguito raccolto per Pequod in Tempo circolare (Poesie 2019-1997), sintomaticamente l’anno dopo il poderoso esordio narrativo di Casa degli sguardi, con Mondadori nel 2018.

Palazzo della Civiltà Italiana, Roma

Nel solco di Paolo e Francesca

Così il felice ritorno alla poesia di quest’anno è segnato, nel prestigiosoSpecchio”  Mondadori, con Degli amanti, non degli eroi (200 pp, 18 euro). Dietro questo titolo, un novenario piano di qualità, dal gusto latineggiante, è subito chiaro il tema di fondo: l’Uomo, spinto dalla leva più potente del suo agire, l’Amore, ma sempre ancorato alla sua finitudine per nulla eroica. Un titolo palesemente argomentativo negli intenti, per fortuna lontano da quei bizantinismi ermetizzanti e allusivi che ancora si incontrano nella poesia di oggi. Due i poemetti che compongono l’opera. Il primo, Una storia d’amore, già edita nel 2015 (per i tipi di Pordenonelegge-Lietocolle), viene qui ampiamente rimaneggiato, segno ulteriore dell’inquietudine dei poeti sulla parola, per Mencarelli tutta ungarettiana. Una parte spiccatamente narrativa, come la forma diaristica con le date conferma, su due adolescenti protagonisti, Gabriele e Anna.
Si dipana la loro vicenda in un sapiente verso, di equilibrate capacità ritmiche, che accompagna storia e stati d’animo dei due giovani, versione molto a suo modo originale nel solco di Paolo e Francesca e di Abelardo ed Eloisa. L’intero percorso narrativo e di vita qui disposto è un cammino di disperazione prima e di redenzione dopo, anche se irta e spinosa, dove il poeta non fa sconti a nessuno, non indulge ad alcun sentimentalismo. Pasoliniano è lo sguardo su questi due ragazzi di vita: “Non è poi così grande il passo/ fare di questa baldoria/ un mestiere col posto assicurato,/ potremmo avviare un bel commercio/ drogato dai nomi di pasticca/ oppure senza tanti giri di parole/ impugnato il coraggio a due mani/ visitare qualche banca della zona,/ cinque minuti scarsi di lavoro/ e hai per sempre la vita sistemata”, da leggere prestando ascolto anche alla distensione musicale di questi versi.
Apparentemente in ombra, emerge nel racconto di Mencarelli, la figura di Anna, quasi anonima, “nome insipido”, così ordinario e palindromo.
Mencarelli, archeologo dell’umano e forte dell’esperienza narrativa, sa scavare nella profondità di quest’anima, di questa figura quasi mariana, di lacerata religiosità e dotata di una potente risorsa, “Anna vero nome dell’amore/ nome dal sapore di fiamma”, fino a scoprire la grazia della preghiera: “Io prego la tua bellezza/ il tuo viso è la mia chiesa”.

Copertina Libro Daniele Mencarelli Degli amanti non degli eroi

Una bergmaniana partita a poker

Mencarelli, nell’autocommentare il secondo poemetto dell’opera, ennesima riprova che un autentico poeta non sta mai fermo con la parola e la forma, scrive: “Lux Hotel, inedito, offre una novità formale rispetto alla mia produzione passata: spesso il verso lineare si divide in emistichi. Ancora più aria, sospensione”. Un’inquietudine in parte riversata nel doppio registro di questo poemetto, metaforico senz’altro e aggiungerei metafisico. Ancora una narrazione: un concierge di un albergo a cinque stelle, un io narrante, osservatore progressivo di quanto d’intorno ormai va allo sfacelo, e altri tre personaggi, dai nomi mitici ma allegorici nella sostanza – Marte, Mercurio e Nettuno -, giocano una bergmaniana partita a poker, tanto sanguinosa quanto ultimativa. Nello scorrere del poemetto un’intensa ricostruzione narrativa dei luoghi (“corridoi deserti/ solo voci/ dal chiuso delle stanze”) e dell’uomo (“Il turno di notte è l’affare della vita”) ridicolizza, spegnendolo sul nascere, ogni eroismo nella sua accezione militaresca, andando a contrapporlo al vero eroismo dei nostri giorni: quello della compassione e del perdono. Una visione utopica, un sogno visionario dalla tragica conclusione.
Riguardando il cammino letterario di Mencarelli e riagganciandoci all’apertura di questo intervento, si può provare a chiosare così: se per Montale la prosa è il semenzaio della poesia, per Daniele Mencarelli tutto si capovolge. La poesia è stata, e tuttora per lui lo è a mio modo di vedere, il semenzaio della prosa, conferendo a tutto il suo laborare letterario una forma principale e regina del poiein, quella in versi per l’appunto, e l’altra forma di maggior presa e diffusione, la prosa dei romanzi, per trasmettere la propria visione del mondo e dell’Essere fragile e resiliente allo stesso tempo e interamente consustanziale a questo mondo, con uno sguardo e un respiro al metafisico pieno di dubbi ma elevatissimo.