“Di giorno non ti colpirà il sole, né la luna di notte”

Carceri: incontriamo l’esperienza brasiliana delle APAC

Carceri: incontriamo l’esperienza brasiliana delle APAC

Giovedì 20 aprile ore 21,00
Auditorium CMC
Largo Corsia dei Servi, 4 – Milano (MM3 Duomo – MM1 San Babila)

In collaborazione con:
incontro e presenza

 

 

 

 

 

homo faber

 

 

 

 


 

Amando O Proximo Amaras a Cristo (Amando il Prossimo amerai Cristo).

Dialogo e incontro con:
Tatiana Flavia Faria de Souza,
Responsabile Giuridica di Apac

Intervengono:
Patrizia Colombo, Cooperativa Homo Faber
Fabio Romano, di Incontro e Presenza

A Milano, in Lombardia, diverse persone, mosse da una reale esperienza di condivisione, si prendono cura dei carcerati. Gente comune, professionisti, famiglie, oltre chi opera nel campo della giustizia e della sua amministrazione, la quale mostra tutte le fatiche di una società come la nostra invecchiata, incerta, teorica.
Dopo la visita di Papa Francesco la città che lo ha voluto seguire inizia a intuire che la società è qualcosa che si vive e non si teorizza.
“La misericordia di Dio, capace di trasformare i cuori, è anche in grado di trasformare le sbarre in esperienza di libertà” (Papa Francesco)

In due luoghi significativi di Milano, l’Università Cattolica a cura di Ateneo Studenti e nel Tribunale, a cura di Libera Associazione Forense, viene esposta la Mostra “Dall’amore nessuno fugge”, realizzata dal Meeting di Rimini, sull’esperienza delle Apac del Brasile. Una realtà straordinaria: 50 carceri gestiti da detenuti, senza agenti di polizia, dove non ci sono state ribellioni, violenze e fughe di massa nei 40 anni di attività e dove il tasso di recidiva è inesistente contro l’85% delle carceri brasiliane tradizionali e contro il 70% di quelle italiane.

Al CMC si terrà l’incontro con Tatiana Flavia Faria de Souza, Responsabile Giuridica di Apac venuta a Milano per la Mostra in università Cattolica. La desideriamo incontrare per imparare dalla loro esperienza e per soddisfare il suo desiderio di conoscenza e dialogo con le presone che qui operano negli istituti penitenziari.

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Testo dell'incontro

Invito

La storia

Negli anni ’70 un gruppo di cristiani coinvolti nelle attività della pastorale carceraria di San Paolo iniziò a trascorrere del tempo con alcuni detenuti del carcere di Sao José dos Campos. All’inizio la loro preoccupazione era solo quella di accompagnare i condannati nella situazione drammatica in cui si trovavano: oltre alla mancanza di libertà i detenuti dovevano sopportare condizioni terribili di sovraffollamento e un trattamento disumano e violento.
Da quell’impegno iniziale nacque un gruppo di volontari cristiani guidati dall’avvocato Mario Ottoboni: il gruppo decise di chiamarsi Amando O Proximo Amaras a Cristo (Amando il Prossimo amerai Cristo).
Nasceva così la prima APAC.
Quell’esperienza, che oggi può sembrare quasi ingenua, avrebbe cambiato per sempre le loro vite insieme a quelle di migliaia di carcerati del Brasile. Tuttavia la semplice compagnia ai detenuti non era sufficiente a cambiare la situazione. Perciò nel 1974 quel gruppo di volontari decise di compiere un ulteriore passo fondando L’Associazione di Protezione e Assistenza ai Condannati-Apac, un’associazione della società civile che collabora strettamente con l’Amministrazione penitenziaria. Per la storia dell’Apac fu decisiva la richiesta che un giudice fece all’associazione: quella di gestire un padiglione di detenuti prima nel carcere di Humanita (Sao Josè dos Campos), poi in quello di Itauna, a Minas Gerais. Richieste che innescarono una continua crescita dell’esperienza Apac.

Le persone che scontano la pena nell’Apac sono chiamate recuperandi: non sono definite dal reato commesso, ma dal fatto di essere uomini e donne chiamati a un destino buono.
Il loro desiderio di felicità, di essere felici e rendere felici gli altri, è scritto nella loro natura umana.
“La lezione più importante che abbiamo imparato in dodici anni di studio e lavoro con i detenuti è stata proprio questa: dei detenuti non avevamo capito nulla! Chi non ha mai vissuto dietro le sbarre o si rifiuta di imparare umilmente con i detenuti, rimarrà sempre un teorico, distante dalla realtà. O si conosce convivendo e si vive speculando”