Don Giussani, una nuova tappa verso il riconoscimento della sua santità

L’annuncio: l’arcivescovo di Milano Mario Delpini, il 9 maggio, presiederà nella magnifica cornice della basilica di Sant’Ambrogio la prima sessione pubblica della fase testimoniale per la causa di beatificazione e di canonizzazione di don Luigi Giussani. Si tratta di un passaggio fondamentale nel cammino verso il riconoscimento della sua santità da parte della Chiesa cattolica. Un buon cammino. Che certifica la passione di questo sacerdote ambrosiano per Cristo, la Chiesa, il popolo. Tutto, insomma. Laddove la dimensione culturale occupa una posizione primaria, soprattutto se viene alimentata dentro un’esperienza capace di incontrare e valorizzare tutte le espressività. E la storia del Centro Culturale di Milano origina proprio dal suo invito a mettersi in gioco per comunicare la cultura come gusto del vivere.


26 aprile 2024
Ricchezza ambrosiana
di Giorgio Paolucci

Don Luigi Giussani

Il 9 maggio l’arcivescovo di Milano Mario Delpini presiederà nella basilica di Sant’Ambrogio la prima sessione pubblica della fase testimoniale per la causa di beatificazione e di canonizzazione di don Luigi Giussani. È un passaggio fondamentale nel cammino verso il riconoscimento della sua santità da parte della Chiesa cattolica.
La causa venne introdotta nel 2012 dal cardinale Angelo Scola, all’epoca arcivescovo di Milano, su richiesta della Fraternità di Comunione e Liberazione e in questi anni una Commissione storica ha lavorato su tutta la documentazione riguardante la sua vita, una mole enorme di materiale considerando le migliaia di pagine di scritti prodotti da Giussani. Ora si è arrivati alla fase testimoniale, durante la quale verranno ascoltate alcune decine di persone che a partire dalla loro conoscenza – diretta o indiretta – del Servo di Dio ne illustrino la vita, il pensiero, la spiritualità, la fama di santità. “Il fine di questa seconda fase – ha spiegato monsignor Ennio Apeciti, responsabile del servizio diocesano per le cause dei santi – è quello da una parte di confrontare quanto conosciuto attraverso i documenti raccolti nella fase documentarle, dall’altra di ascoltare la voce del popolo di Dio”.

Il suo amore per la Chiesa

Significativi il giorno e il luogo scelti per l’inizio di questa seconda, decisiva tappa nel cammino verso gli altari: il 9 maggio la Chiesa celebra la festa dell’Ascensione (“abbiamo trovato più volte riferimenti a questa solennità che lo entusiasmava”, ha commentato Apeciti), e la basilica dedicata ad Ambrogio evoca il legame di questo sacerdote con il patrono di Milano. Inoltre si tratta di una chiesa contigua all’Università Cattolica del Sacro Cuore, luogo in cui ha insegnato dal 1964 al 1990 contribuendo alla formazione di generazioni di giovani e comunicando loro il suo amore per la Chiesa.
Il radicamento nella ricca e secolare tradizione ambrosiana e l’apertura alle dimensioni del mondo sono due tratti che hanno sempre coabitato nell’esistenza e nella riflessione di Giussani. Un carisma pienamente cattolico, il suo, nel senso etimologico del termine – cioè universale – e nel contempo fortemente ambrosiano, perché la Chiesa universale precede, ma si realizza nella Chiesa particolare.
Giussani ha centrato la sua testimonianza sulla categoria dell’avvenimento come cifra interpretativa del cristianesimo: l’incontro con Cristo è qualcosa che è accaduto nella storia e continua ad accadere oggi, e deve saper mostrare la sua pertinenza con l’esperienza umana in ogni circostanza e a ogni latitudine. Negli anni Sessanta, quando le chiese erano ancora gremite di fedeli, Giussani si era “profondamente persuaso che una fede che non potesse essere reperta e trovata nell’esperienza presente, confermata da essa, utile a rispondere alle sue esigenze, non sarebbe stata una fede in grado di resistere in un mondo dove tutto, tutto, diceva e dice l’opposto».
Occorreva rilanciare una fede amica della ragione, una fede affermativa, non regolativa, in cui ogni dimensione dell’umano viene valorizzata e trova modo di esprimersi nelle diverse modalità della vita quotidiana e nelle differenti declinazioni dell’ingegno. Una fede che irrora e feconda l’esistenza: risiedono qui la forza attrattiva, il fascino, la capacità di “presa” del cristianesimo sull’uomo di ogni epoca e la possibilità di dialogare con una modernità che ha relegato Dio nell’iperuranio.

1995 don Luigi Giussani insieme al filosofo Jean Guitton

La passione per l’umano, l’interesse per la dimensione culturale

In questo dialogo la dimensione culturale occupa una posizione primaria, soprattutto se viene alimentata dentro un’esperienza capace di incontrare e valorizzare tutte le espressività, come scriveva decine di anni prima della nascita di Gesù il letterato latino Terenzio: “Homo sum, humani nihil a me alienum puto”, sono un uomo, niente di ciò che è umano mi è estraneo. È da una passione per l’umano in tutte le sue manifestazioni che si origina l’interesse per la dimensione culturale.
Nel 1975, in un dialogo con gli studenti universitari di Comunione e Liberazione, Giussani diceva: “Sapete da dove nasce una cultura? Una cultura non può che nascere da un gusto del vivere. Il gusto del vivere è quel riverbero conoscitivo e affettivo che una determinata concezione dell’esistenza, un determinato giudizio di valore sulla vita, vissuto, comunque vissuto, danno. La cultura non è nient’altro che lo sviluppo critico e sistematico di questo gusto del vivere”.
È a partire da questa consapevolezza e invito che nel 1981 si è originata l’esperienza del Centro Culturale di Milano, sviluppando nel tempo un confronto serrato con i fermenti e le provocazioni presenti nella modernità e misurandosi con le differenti articolazioni che caratterizzano l’espressività umana, con un’attenzione privilegiata sia alla storia sia alle novità che abitano questa città e che l’hanno sempre proiettata in una dimensione di apertura al mondo.
Proprio come affermò don Giussani nell’incontro inaugurale del Centro: Dal senso religioso a Cristo (in “Dove la domanda si accende”, ed Itaca), ossia: da una passione interiore all’incontro umano, concreto, fisico, che ci spalanca al senso pieno di quella passione.
Per vivere, operare ed essere presenza significativa in una società sempre più multiculturale e multietnica, è necessaria un’identità che sia al tempo stesso cosciente e orgogliosa delle proprie radici e disponibile a confrontarsi e arricchirsi nell’incontro fecondo con le diversità che popolano il presente.
È la mission che il CMC cerca di declinare, nel solco dell’insegnamento e accompagnamento di un uomo che ha testimoniato il cristianesimo come tesoro che va continuamente riscoperto e condiviso a beneficio di tutti i fratelli uomini.