Philippone

10 – 26 settembre 2020
Centro Culturale di Milano
Largo Corsia dei Servi 4 Milano

Inaugurazione 10 settembre 2020, dalle ore 18,00
Orari: da lunedì al venerdì 14,00-18.00; sabato 15,00-18,30
Ingresso gratuito
Per info: info@giovanniphilippone.it

GALLERY

Al Centro Culturale di Milano dal 10 al 26 settembre 2020 la retrospettiva dedicata a Giovanni Philippone (1922-1993), artista di origine siciliana che nel capoluogo lombardo portò a maturazione la sua arte senza mai dimenticare la terra d’origine.

Aperta al pubblico e visitabile, sono esposte 30 opere ad olio e 10 opere grafiche, disegni acqueforti, chine.
La mostra è stata pensata in forma itinerante dalla figlia Stella, nel 25° anniversario della scomparsa del pittore, per ripercorrere il suo itinerario umano e artistico.

La tappa di Milano è particolarmente importante perché l’artista scelse la città come luogo d’elezione nel 1946 e l’abbandonò solo dal 1950 al 1952 per trasferirsi a Parigi (ultima tappa in programma dell’esposizione) dove frequentò i corsi di Fernand Léger all’Académie des Beaux-Arts.

Una mostra ha già toccato San Giovanni Gemini, il paese che gli ha dato i natali, Agrigento, che gli ha dedicato tre sale nel museo civico, e a Palermo, dove Philippone frequentò l’Accademia di Belle Arti e conobbe Carla Accardi, Ugo Attardi e Pietro Consagra.

I temi della pittura L’esposizione raccoglie una trentina di oli e una decina di opere grafiche (disegni, acqueforti e chine), realizzati a partire dal 1950, che toccano tutti i temi della poetica dell’artista. A cominciare dai paesaggi siciliani impressi indelebilmente negli occhi di Philippone durante la giovinezza, popolati da alberi di ulivo contorti, capre giurgintane e cavalli quasi in un tempo sospeso. A questi soggetti si affianca la rappresentazione dell’universo femminile, espresso nelle figure materne che allattano e nei nudi carichi di sensualità delle “dure veneri terrestri”, come le ha definite Leonardo Sciascia nel 1981. Il terzo nucleo di opere è dedicato al viaggio, metafora della vita, che si incarna nei marinai, ritratti con pennellate intinte nell’espressionismo e nel cubismo, ma anche nel Cristo inchiodato alla croce, simbolo della dolorosa parabola umana.

Hanno detto di lui

«Ci sono poi le facce: dei contadini, delle donne contadine e, starei per dire, degli alberi: quei mandorli dai tronchi contorti e spaccati che sembrano sopravvissuti a un incendio. E l’incendio c’è, ed è quello dell’estate. Philippone ne coglie il riverbero negli interni, sui corpi delle dure veneri terrestri»
Leonardo Sciascia

«In Philippone la presa di contatto diretta sulla realtà è compiuta col vigore del segno e con una ricchezza cromatica umida e greve. Il linguaggio che ne risulta è sempre sincero, autentico. Felici e libere appaiono soprattutto alcune opere dove, attraverso rapide sintesi, l’artista trova soluzione decisamente moderne».
Mario De Micheli

«Il suo realismo espressionista nasce spontaneo da una disposizione naturale al racconto in termini drammatici e lirici, racconto che ha per tema la sua terra siciliana».
Mario Lepore

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