FINALMENTE L’INCONTRO HA AVUTO LUOGO

Di mons. Paolo Pezzi Arcivescovo della Madre di Dio di Mosca

Proponiamo il commento all’incontro tra Papa Francesco e il Patriarca Kirill, segnalatoci dalla Fraternità Sacerdotale san Carlo Borromeo

L’incontro di Papa Francesco col Patriarca Cirillo non si poneva come obiettivo quello di risolvere tutti i problemi -che ben conosciamo- fra le due Chiese. Esso è stato l’occasione, o meglio la prova del fatto che gli uomini vivi sono caratterizzati dal desiderio di incontrarsi e quando si incontrano, allora si rafforza anche la speranza di risolvere i problemi. Certamente, in questo primo abbraccio, si sono avvertiti gioia e sollievo.
Il Cristianesimo è in effetti il lieto annunzio che il Mistero si è rivestito di carne umana, e dunque, in ogni momento della sua storia, vive come giudizio sul presente. L’incontro di Cuba è stato l’incontro di due testimoni di Cristo, che, a partire dall’appartenenza a Lui, hanno formulato un giudizio sul presente, sulle circostanze che attualmente viviamo.
Oggi sussiste il rischio che molti smettano di considerare il Cristianesimo come pertinente alla vita dell’uomo, che molti pensino che il Cristianesimo non sia più il centro affettivo della persona. L’incontro dei due vescovi ha mostrato a tutto il mondo che, al contrario, la fede non è separata dalla vita reale di milioni di persone nel nostro pianeta.
L’incontro fra il Papa e il Patriarca è stato la vittoria sul burocratismo, tentazione sempre vicina a noi, secondo la quale è possibile superare i problemi solo grazie ad una buona organizzazione e a dei buoni piani. Mi permetto di dire che tale incontro era necessario prima di tutto per gli stessi capi delle due Chiese, per sostenere la propria fede e testimonianza. Non a caso il Papa si è rivolto al Patriarca Cirillo chiamandolo “fratello”, così come aveva fatto recentemente, riferendosi in tal modo al Patriarca Ecumenico Bartolomeo. Oso affermare che in quell’incontro io ho visto l’abbraccio di due fratelli: Pietro e Andrea.
Questo incontro è stato per me testimonianza della bellezza del Cristianesimo, vissuta nella reale e viva esperienza di comunione, certamente non piena, ma già palpabile. E in effetti senza detta bellezza, senza una reale, sebbene non piena, comunione, a che scopo la testimonianza cristiana? Perché lasciar tutto ed incontrarsi, se non per un vivo desiderio di seguire Cristo?
Non si tratta ovviamente di un romantico tentativo di far rinascere l’ideale di una pura originaria comunità cristiana. Il Papa Francesco e il Patriarca Cirillo conoscevano e conoscono bene le barriere teologiche pastorali e storiche che si frappongono fra le Chiese, tuttavia hanno dimostrato che l’incontro è possibile, la conversione desiderabile, il cammino unico, anche se non possiamo ancora percorrerlo assieme.
Il Papa e il Patriarca si son scontrati con domande reali, come si evince dalla Dichiarazione Congiunta da loro sottoscritta e confermata con un ulteriore abbraccio fraterno. Tutto ciò per il bene dei popoli, per la difesa dei cristiani, per la testimonianza dei cristiani in tutto il mondo. E tutto ciò noi assumiamo come compito per la nostra comunità cattolica in Russia. Lavorare assieme: “Le comunità cristiane portano avanti un’importante attività caritativa e sociale, fornendo un’assistenza diversificata ai bisognosi. Ortodossi e cattolici spesso lavorano fianco a fianco”, recita la Dichiarazione. Il Papa Francesco e il Patriarca Cirillo hanno parlato come fratelli, apertamente. Il Papa ha detto di aver chiaramente avvertito e riconosciuto la presenza dello Spirito Santo durante il dialogo. Sì, vogliamo lavorare assieme per la testimonianza comune in questa società, affinché Dio sia glorificato, invece di essere escluso dalla società stessa.
Questa testimonianza ha avuto luogo grazie alla disponibilità ad andar fino in fondo. E questo è il martirio. Ecco perché il Papa e il Patriarca nella Dichiarazione Congiunta hanno sottoposto all’attenzione comune la testimonianza dei cristiani di tutto il mondo, in special modo di quelli del Medio Oriente. Ovviamente si corre il rischio di vedere in tutto ciò unicamente dei disegni politici; parimenti, oggi si può avere l’impressione che l’incontro non sia che una scialuppa nell’oceano, un fuocherello nella notte della storia. Ma da un piccolo incontro in uno dei più sperduti villaggi della terra, la Buona Novella di Dio fatto compagnia all’uomo si è diffusa per tutto l’orbe.
La testimonianza non è altro che la continuazione della comunicazione agli uomini della propria conoscenza e amicizia con Cristo, della tensione al Suo Regno, già incoativamente presente sulla terra; non è altro che l’invito al miracolo della comunione, che, per grazia di Dio, è possibile in questo mondo. È la percezione dell’altro come prossimo, come bene di cui ha parlato Cristo. Chi è il nostro prossimo? È colui per mezzo del quale Cristo vuole insegnarmi ciò che io sono chiamato a vivere assieme a tutti.
Non penso di aver capito molto di ciò che è accaduto questa notte, ma ho visto questo incontro e ciò che ho visto riempie i miei occhi e la mia coscienza. Ciò che ho visto, al fin dei conti, è una forza che muove la speranza della vita , che sostiene la vita, senza della quale la vita non sarebbe. È un filo sottile di speranza, a cui tutto è appeso. E tale speranza è comunicabile. Possiamo condividere l’esperienza di questo incontro, e ciò sarebbe già un seguito. Se, imitando il Papa e il Patriarca, altri uomini continueranno ad incontrarsi, senza paura l’uno dell’altro, proseguendo assieme, anche se non in piena comunione, allora questo incontro non sarà stato invano. Noi possiamo inserirci in questo flusso di testimonianza. Andiamo incontro all’altro, riconoscendo che in lui è presente la verità, foss’anche solo un frammento, perché ciò che rende l’altro partecipe del verità e della misericordia, che ha toccato anche me, è la forza della fede.
È necessario sopportare lo scandalo della divisione, ed accettare quella che appare come una missione assurda: andare fino agli estremi confini della terra ed annunziare al mondo, pieno di sé per la propria erudizione e per la propria -vera o fasulla- sapienza, e anche, in special modo, ai poveri e ai semplici, il Vangelo di Gesù Cristo. “In tutti i tempi Egli chiama delle persone a contare esclusivamente su di Lui, a lasciare tutto il resto e ad essere totalmente a sua disposizione e così a disposizione degli altri: a creare delle oasi di amore disinteressato in un mondo, in cui tanto spesso sembrano contare solo il potere ed il denaro” (Benedetto XVI). Siamo grati al Signore di questo incontro.

Arcivescovo Paolo Pezzi