I droni ucraini? Forniti dalla Cina

La drammaticità del conflitto russo – ucrainopresenta aspetti poco o per nulla conosciuti. Tra le vicende all’apparenza meno comprensibili vi è la copiosa fornitura di uno strumento di distruzione agli ucraini da parte della Repubblica popolare cinese. Ragioni commerciali ma anche, se non soprattutto, il fatto che Pechino non ama la politica esplicita delle alleanze. Seppur nella terribile vicenda della guerra che prosegue con il suo carico di morte e distruzione nel fianco est dell’Europa, vi è, almeno formalmente, un rapporto di partnership tra il segretario generale Xi Jinping e lo zar del Cremlino   


6 giugno 2025
Paradosso della guerra
di Riccardo Grassi*

Putin and Xijinping

Uno dei tanti punti di dibattito attorno al conflitto russo-ucraino è la rilevanza dei droni sul campo di battaglia. Durante gli anni, questi sistemi hanno avuto un effetto polarizzante, dividendo analisti in “scettici” ed “entusiasti”. Gli “entusiasti” considerano spesso i droni come una rivoluzione negli affari militari che spazzerà via tutti le altre piattaforme, a partire da carri armati e caccia multiruolo ormai obsoleti. Gli scettici sottolineano che i droni sono la “prossima rivoluzione” da più di venti anni e che sistemi d’arma tradizionali svolgono ancora un ruolo fondamentale, come le continue richieste di rifornimento da parte dell’Ucraina possono testimoniare.

Al di sopra di tutte le opinioni, tre dati è necessario tenere fisso: al momento, secondo un report redatto da Jack Watling e Nick Reynolds, analisti del Royal United Services Institute tra il 60 e il 70% dei sistemi russi danneggiati o distrutti sono causati da droni; dall’inizio del 2025, le Forze Armate dell’Ucraina ricevono 200.000 droni al mese. il presidente Zelensky ha affermato che l’Ucraina ha la capacità per produrre 4 milioni di droni all’anno. L’ultimo dato è particolarmente sorprendente, soprattutto se si considera che l’intera Unione Europea ambisce a produrre 2 milioni di artiglieria 155mm nello stesso periodo. Partendo da questi tre dati, questo articolo si prefigge di rispondere alle seguenti domande: quanto sono realmente importanti i droni in ambito della difesa? Soprattutto, come si può spiegare l’enorme produzione di droni da parte dell’Ucraina, un paese in parte distrutto da tre anni di conflitto?
Sinteticamente, alla prima domanda si può provare a rispondere così: i droni sono sistemi importanti e lo rimarranno tali, ma al momento la loro rilevanza è inflazionata dalla loro novità. Più interessante è la risposta alla seconda domanda: la produzione di droni ucraini è facilitata dalla importazione massiccia di droni commerciali e componenti cinesi. La Cina quindi è sia “il partner senza limiti” della Russia, sia il polo di produzione industriale che sostiene una parte rilevante dello sforzo bellico ucraino. 

I droni e le guerre future

Watling e Reynolds sono autori di un report dettagliato sull’impiego di droni durante il conflitto, report informato dalle loro osservazioni sul campo. Nel report, i due analisti affermano che i droni in Ucraina vengono impiegati per numerosi compiti: per il trasporto feriti, per la consegna di munizioni e di pasti, per operazioni di ingegneria militare (come, per esempio, spiegare filo spinato), per la posatura di mine e per lo sminamento, per compiti di dell’Intelligence, Sorveglianza e Ricognizione (ISR), e come munizioni di fuoco indiretto (equiparati quindi all’artiglieria). Il compito più importante è sicuramente quello relativo al campo dell’ISR. Grazie ai droni, infatti, è diventata trasparente la fascia di territorio a tre chilometri di distanza dal punto di contatto tra due eserciti, cioè qualsiasi movimento viene inevitabilmente identificato e può diventare bersaglio. Nonostante la chiara importanza di questi compiti, nell’immaginario comune i droni sono principalmente visti come munizioni a guida di precisione, grazie anche ai numerosi video di sortite riprese dalla telecamera del drone stesso, che inondano la rete e fanno parte del fenomeno perverso di War Porn. La percezione comune è negli ultimi mesi sostenuta da statistiche dal fronte.

Si stima infatti che circa 70% dei sistemi d’arma russi persi negli ultimi mesi sia dovuto a droni.

Questo dato sembra quindi dare ragione a coloro che vedono nei droni il futuro della guerra. Due considerazioni attenuano però questa affermazione: il terribile conflitto russo-ucraino è passato per diverse fasi in cui un sistema d’arma è risultato decisivo. Si pensi ai dispositivi antiaerei Stinger e ai Manpads anticarro nelle prime settimane, agli Himars a lungo raggio contro i depositi di munizioni russe, e alla tradizionale artiglieria, che l’anno scorso era responsabile dello stesso 70% delle perdite russe che viene ora causato dai droni.
La realtà di una guerra prolungata è che è caratterizzata da un susseguirsi di innovazioni e contro-innovazioni. Molteplici metodi anti-droni sono attualmente promettenti, a cominciare da sistemi di guerra elettronica, ma anche droni da intercettazione e Directed Energy Weapons (lasers). Una volta che queste tecniche avranno raggiunto maturità, i droni manterranno una loro importanza ma essa sarà sicuramente ridimensionata rispetto al loro ruolo attuale.
La seconda considerazione è che, per ammissione degli operatori ucraini, i droni vengono spesso utilizzati come povero sostituto dell’artiglieria. Una volta individuato un obiettivo, il miglior corso d’azione sarebbe l’utilizzo d’artiglieria, ma le Forze Armate d’Ucraina sono sistematicamente a corto di munizioni e devono ripiegare ad improvvisazione, come legare granate a droni commerciali. Spesso i droni non vengono impiegati perché sono la miglior opzione, ma perché sono l’unica disponibile.

Support Growing for Directed Energy Weapons

Monopolio cinese e amicizie limitate

L’ultima considerazione porta alla luce il vero fattore rivoluzionario dei droni in Ucraina, cioè che sono presenti in numeri precedentemente impensabili. Sebbene ci siano molti fattori attenuanti, è comunque sorprendente che una nazione continuamente sotto bombardamento riesca a produrre 2 droni per ogni pezzo di artiglieria prodotto da un intero continente il cui PIL è circa venti volte quello dell’Ucraina nel 2021. Il vero fattore rivoluzionario, quindi, è l’enorme capacità produttiva dei droni oltremodo economici. Ciò è possibile per l’Ucraina grazie alle importazioni dal mercato cinese. Il 64% della spesa Ucraina in droni nel 2024 era costituito da droni commerciali dell’azienda cinese DJI, e la maggior parte dei droni a produzione locale contiene componenti cinesi. Pechino, infatti, ha costruito un vero è proprio monopolio nel settore dei droni commerciali, con il 90% dei sistemi disponibili sul mercato globale prodotti in Cina. L’azienda più grossa è appunto DJI, con sede a Shenzen, città denominata la “Silicon Valley” della Cina.
Il fatto che un’importante parte dello sforzo bellico ucraino sia possibile grazie ad esportazioni cinesi potrebbe apparire paradossale. Infatti, proprio alcune settimane prima dell’invasione russa, il presidente Putin e il segretario generale Xi Jinping avevano dichiarato a Pechino una partnership senza limiti. Pechino, inoltre, guarda con interesse allo sviluppo delle norme internazionali e diplomatiche che gravitano attorno allo svolgersi della situazione in Ucraina, vedendo molti punti di contatto tra l’attuale conflitto e una possibile invasione dell’isola di Taiwan in un prossimo futuro. Questa vicinanza tra Cina e Russia potrebbe quindi portare a pensare che sarebbe nell’interesse di Pechino impedire a Kyiv di acquisire droni di produzione cinese. Specularmente, gli alleati occidentali dell’Ucraina hanno bandito le esportazioni di microchip verso la Russia, per danneggiarne la produzione di missili (anche se Mosca riesce ad impossessarsene aggirando le sanzioni e grazie al contrabbando). Da parte sua, Pechino ha imposto alcune restrizioni alle esportazioni di droni, aumentando le difficoltà per Kyiv, ma, come dimostrano i dati sulle importazioni ucraine, queste restrizioni non sono totalmente invalidanti per l’Ucraina. Il legame tra Russia e Cina, però, non va sopravvalutato. Infatti, è politica fondamentale di Pechino non legarsi in alleanze. L’unico alleato ufficiale della Cina è la Corea del Nord. Ciò non è dovuto a un’incapacità, ma a un desiderio a non vincolarsi alla volontà e alle azioni di un altro stato, limitando così la propria libertà d’azione nel contesto internazionale. Pechino vede in Mosca un utile partner, utile da sostenere in molteplici modi, ma non un alleato per cui vale la pena danneggiare le prospettive commerciali di un settore industriale che ritiene strategico.

*Analista di politica internazionale, in particolare in studi sulla difesa e la sicurezza alla tecnologia militare