mercoledì 27 gennaio 2020 ore 21,00
Canale YouTube
FaceBook e sul sito del Centro Culturale di Milano
Lettura teatrale (in italiano) ed elaborazione musicale
con Ingeborg Waldherr
attrice e regista
Dimitris Pekas
violoncello
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Sotto il patrocinio di Mutherem Aras,
Presidente del Parlamento del Baden-Württemberg
EttySchriftliches Grußwort der Landtspräsidentin
Saluto introduttivo di Federico Lorenzo Ramaioli
Console d’Italia a Friburgo,
con il Patrocinio del Consolato di Friburgo in Bresgovia, Germania
Associazione Vivace, Friburgo in Brisgovia
Una Produzione
BW_Musik-Theater-Produktion
von BW_Musik-Theater-Produktion_Et
La memoria di sé è una decisione ed essa si può prendere a partire dall’incontro scontro con la realtà. Quella di tutti i giorni, come quella dei giorni dentro un grande dramma, un’immensa tragedia come quella dei campi della Shoah.
Etty Hillesum non vuole dimenticare, non vuole scivolare nell’intorpidimento di fronte alla realtà, per quanto tragica e assurda possa essere. Al contrario, la affronta consapevolmente. Intuisce che un cuore pensante in mezzo ad una realtà disumanizzata e disumanizzante ha il misterioso ma reale potere di salvare l’umano.
Possiamo ascoltare la voce del nostro cuore, lasciandole il tempo di sorgere, senza essere soppressa dalle migliaia di risposte già fabbricate dalle necessità, dalle regole, dalle circostanze.
Vogliamo dedicarci ad una meditazione nella Giornata della Memoria con un duo teatrale composto dalla regista tedesca e attrice Ingeborg Waldherr e il musicista greco Dimitris Pekas, che ha presentato questo spettacolo al Meeting del Reno lo scorso anno a Colonia.
Ci faremo guidare dal cammino di Hetty Illesum, giovane ebrea cresciuta ad Amsterdam i cui Diari e lettere, scoperti piuttosto recentemente, hanno riempito il mondo di stupore. Un percorso umano, nel dialogo continuo con Dio. Morta ad Auschwitz a 29 anni, una famiglia di geni, una ragazza che abbracciò il destino con consapevolezza e una letizia impensabile.
«Quando una notte, sdraiata sul mio pagliericcio, tra donne e ragazze che russavano, parlavano nel sogno, piangevano in silenzio e si giravano e rigiravano nel giaciglio, che spesso dicevano durante il giorno: “Non vogliamo pensare, non vogliamo sentire niente, altrimenti impazziremmo”, spesso mi sono commossa profondamente. Ero sveglia e ho lasciato che mi passassero nella mente e nel pensiero le vicende, le fin troppe impressioni di una giornata troppo lunga: “Lasciatemi allora essere il cuore pensante di questa baracca”. Voglio esserlo di nuovo. Voglio essere il cuore pensante di un intero campo di concentramento».
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