Il dominio dell’Infocrazia

Capitalismo dell’informazione

Quando libertà e sorveglianza vengono a coincidere ecco che si compie il piano diabolico della rivoluzione digitale. Un inganno che apre a orizzonti di volontaria sottomissione per lo più inconsapevole. Un dominio delle coscienze che si regge su una supposta trasparenza. Ma che è ben altro: ci crediamo liberi, invece no. Connessi attivi al potere, alla nuova forma di dominio estremizzazione della deriva neoliberista. Ma rimane lo spazio per una vibrazione umana? Oppure il destino è ormai segnato da questo totalitarismo che così affascina?  Fotografia e provocazione dal nuovo libro del pensatore coreano Byung-chul Han.


10 marzo 2023
di Alessandro Banfi

@Ernst Haas

Non so se sia vero quello che la casa editrice Einaudi attribuisce a El Paìs nel risvolto di copertina del suo Infocrazia e cioè che sia: “il filosofo tedesco vivente più letto nei nostri giorni”.
So però che Byung-chul Han è un pensatore molto interessante.  Coreano d nascita, tedesco di cultura (ha insegnato a Berlino, dopo aver studiato Filosofia e Teologia cattolica a Friburgo e a Monaco), propone una riflessione sulla rivoluzione digitale, con questo agile saggio, che non può essere ignorata.
È, ad esempio, un commentatore perfetto per interpretare il senso della giacca bianca indossata da Chiara Ferragni sul palco del Festival di Sanremo, quella con la scritta sulla schiena: “Pensati libera”.
Scritta significativa non solo per le variazioni dei meme in rete. L’insistenza sulla presunta libertà del singolo, secondo Byung-chul, fa infatti parte del meccanismo stesso di dominio della civiltà digitale. L’infocrazia, come lui chiama il capitalismo dell’informazione, fondato sulla connessione e sulla comunicazione, postula che il singolo si ritenga e si protesti continuamente come “libero”. Una delle tesi di fondo del filosofo coreano è sintetizzata in questa frase: «Il dominio si compie nel momento in cui libertà e sorveglianza coincidono».

La volontaria sottomissione

Il primo inganno della società connessa è infatti legato al patto che viene sottoscritto molto tacitamente fra il singolo e la collettività: il cittadino regala i suoi dati (sempre di più e sempre più elaborati in modo sofisticato) in cambio di una presunta gratuità, libertà, creatività. Il momento della gratuita attività in realtà coincide con quello della volontaria sottomissione.
È come se Byung-chul facesse un passo avanti rispetto alla società liquida raccontata da Zygmunt Bauman: non è solo liquida la società ma è anche trasparente. La trasparenza, insieme alla libertà, sono principi che vengono costantemente ribaditi nel nuovo dominio delle coscienze. Il filosofo coreano fa un accostamento estremo: il flagship store della Apple a New York, “tempio della trasparenza” e la Ka’ba della Mecca, simbolo per eccellenza dell’arcano.
Immagine forte che fa capire la realtà in cui siamo immessi. Sono entrambi cubi che comunicano un arcano potere sugli uomini.
«Anche gli influencer su Youtube e Instagram», scrive il filosofo, «hanno interiorizzato le tecniche neo liberali del potere. Che trattino di viaggi, bellezza o fitness, gli influencer invocano costantemente libertà, creatività e autenticità».
Insomma l’allarme che viene dal filosofo è molto esplicito, quando dice che «ci crediamo liberi, mentre la nostra vita è sottoposta a una protocollazione totale finalizzata al controllo psico politico del comportamento».
Ecco spiegata l’insistenza della Ferragni dal palco di Sanremo su quell’aggettivo.
La forza dell’analisi di Byung-chul si basa proprio sulla constatazione che tutti i parametri, nella rivoluzione digitale, sono cambiati. E che i dati di informazione delle singole persone sono il vero terreno in cui si esercita il dominio. «Il totalitarismo è diventato un «totalitarismo senza ideologia», dove «sovrano è colui che dispone delle informazioni in rete».

@Ernst Haas

Il destino degli uomini.

Se queste sono le premesse, la descrizione che il pensatore coreano fa della vita pubblica e politica delle nostre società è particolarmente penetrante ed efficace.
La democrazia moderna, quella nata dalla Rivoluzione francese, si è sempre basata su un meccanismo che oggi appare di colpo molto lento, non più in grado di stare al passo con i tempi.
Anche la discussione stessa sulle fake news mostra di essere “out of date”, per usare una sentenza digitale. Scrive ancora Byung-chul: «Le informazioni hanno una logica propria, una propria temporalità, una propria dignità al di là  di verità e menzogna». Combattere l’infocrazia con la verità è un tentativo destinato al fallimento, sostiene il filosofo. Il libro finisce con una sentenza drammatica: «La verità è spazzata via dal vento digitale».
C’è un nota bene che descrive la grande sindrome di cui tutti siamo affetti e che potremmo chiamare, banalmente, l’ideologia del proprio ombelico. «Oggi», scrive Byung-chul, «siamo tutti dediti al culto di noi stessi».

@Ernst Haas

Nel mondo dominato dall’infocrazia, siamo incapaci ad ascoltare l’altro. Ad amare davvero, in quell’attività dell’animo umano che, come dice il Simposio di Platone, è la prima esperienza che ti proietta fuori da te. Le conseguenze sono molteplici e sotto gli occhi di tutti: dal boom dei suicidi alle incertezze sul proprio sesso.
Eppure parlare del destino agli uomini di oggi può ancora creare una vibrazione, nonostante il totalitarismo senza ideologia della società dell’informazione.

Byung-chul Han