Il “fatto nuovo” della beatificazione della famiglia Ulma: una bella novità procedurale

Un’intera famiglia polacca sterminata dai tedeschi. Perché mamma Wiktoria e papà Józef avevano deciso di dare rifugio, a loro rischio e pericolo, ad alcuni ebrei in fuga, anche loro verranno massacrati. Nella notte fra il 24 e il 25 marzo 1944 l’eccidio. Il 10 settembre 2023 la canonizzazione di mamma, papà e dei loro figli. Compreso il piccolino nato solo a metà. Un libro, “Uccisero anche i bambini” ricostruisce quei drammatici accadimenti. Pagine preziose. Per non dimenticare.


29 settembre 2023
Martiri per la fede
di Roberto Persico

Wiktoria, moglie di Józef Ulma, con i suoi sei bambini

La beatificazione della famiglia Ulma, il 10 settembre scorso, ha suscitato qui e là qualche perplessità per le novità della procedura, una famiglia canonizzata in blocco, compresi bimbi molto piccoli, uno addirittura nato solo a metà, il parto iniziato quando i tedeschi irrompono in casa e interrotto dalla raffica di mitra che ha stroncato la madre.
In effetti, spiega il cardinale Marcello Semeraro, il Prefetto del Dicastero per le cause dei santi che si è occupato del caso della famiglia polacca, «nell’antichità casi come questo, o situazioni simili, ce ne sono stati. Ma per l’epoca recente questo è un fatto del tutto nuovo, anche per la procedura che è stata condotta insieme per l’intera famiglia».
«È una novità – domanda l’intervistatore – anche il fatto che sia considerato martire dalla Chiesa un bambino che era ancora nel grembo della mamma, il settimo figlio degli Ulma?». «Questo è un fatto ancora più nuovo che, facendo riferimento a un episodio evangelico, possiamo chiamare Battesimo di sangue. Penso, per un caso simile, a quello dei Santi Innocenti».
«Al di là del bambino in grembo alla mamma, ci sono i fratellini. Si può parlare di martiri? Forse non possono avere scelto consapevolmente il martirio…». «Il martirio non è mai scelto, il martirio è sempre subito, come violenza per l’amore di Dio. Quello che rende tale il martire è l’uccisione in odio della fede». «Ma forse a quell’età non c’è neanche consapevolezza piena della propria fede». «Erano cristiani e sono stati uccisi perché una famiglia, solidalmente, ha esercitato un atto di carità – conclude il cardinale -.
Tutti e nove gli Ulma erano cristiani: è quella dimensione comunitaria della santità che è proprio peculiare di questo caso».

Una casa aperta, ospitale

È arrivato dunque il momento di dare un’occhiata alla famiglia Ulma. Il padre, Józef, è un personaggio di spicco del villaggio di Markowa, quattromila anime nel sud est della Polonia.
Fin da giovane è stato appassionato di novità, ha introdotto nel suo fazzoletto di terra nuovi sistemi di coltivazione, ha costruito con le sue mani la prima macchina fotografica del paese, di cui è in pratica il fotografo ufficiale; inoltre è impegnato in vari ambiti della vita pubblica, dalla cooperativa contadina alla biblioteca.
La madre, Wiktoria, con sei figli che scorrazzano per casa e un settimo in arrivo, è ovviamente tutta presa dalle faccende domestiche. Ma casa Ulma è aperta, ospitale, i vicini racconteranno concordi che c’è sempre un pranzo, un sorriso, un aiuto per chiunque bussi.
E Wiktoria trova comunque qualche ritaglio di tempo per frequentare la parrocchia, dove è amata e stimata. Nella piccola biblioteca di casa Ulma spicca una Bibbia, dove il titolo della parabola “Il buon samaritano” è sottolineata in rosso, e accanto qualcuno ha scritto “sì”. Ed è ovvio pensare che i figli crescano respirando quest’aria.
In questa vita di fede semplice e schietta, nel 1939 fa irruzione la Storia: la Germania nazista invade la Polonia, e comincia la sua politica di sterminio degli ebrei. Come è noto, in molti casi i polacchi collaborano volonterosi al genocidio (ne hanno raccontato tra gli altri Daniel Goldhagen ne I volonterosi carnefici di Hitler e Anne Bikont ne Il crimine e il silenzio).
Ma in molti altri la gente fa di tutto per proteggere gli ebrei, ben sapendo che chi nasconde un ebreo, se scoperto, è condannato a morte immediata.

Il Rabbino capo di Polonia Michael Scudrich alla beatificazione della famiglia Ulma

Tra le famiglie che ospitano ebrei, gli Ulma sono in prima fila: nel marzo del 1944 ne hanno in casa otto. Naturalmente, nascondere otto persone sarebbe impossibile senza il silenzio complice del vicinato.
Ma gli abitanti di Markowa con gli ebrei sono accoglienti: diverse famiglie ne ospitano qualcuno, alla fine della guerra i sopravvissuti grazie all’aiuto degli abitanti del villaggio saranno una ventina.
Alla fine però la notizia trapela, arriva alle orecchie di qualche “volonteroso carnefice” che si precipita ad avvisare i tedeschi. E nella notte fra il 24 e il 25 marzo casa Ulma viene circondata da un reparto della Wermacht, coadiuvato da un gruppo di miliziani polacchi.
Gli armati irrompono in casa, salgono in soffitta, massacrano gli ebrei. Poi scendono al piano inferiore, sulla porta di casa fucilano Wiktoria e Józef, quindi uccidono i bambini piangenti. I vicini accorrono richiamati dagli spari e si sentono ordinare di gettare i corpi in una fossa comune. Nel trambusto, qualcuno ottiene dai tedeschi che le fosse siano due, una per i polacchi e una per gli ebrei. Qualche giorno dopo i vicini ritornano per riesumare i corpi e cercare di dare loro più degna sepoltura; e si accorgono che tra le gambe di Wiktoria sporgono la testa e le spalle dell’ultimogenito: nell’agitazione degli ultimi momenti la donna aveva cominciato a partorire.

Josef Ulma mentre lavora i campi vicino a casa – museumulmow.pl

Giusti fra le nazioni

Nel 1995, Wiktoria e Józef Ulma sono stati proclamati dallo Yad Vashem “Giusti fra le nazioni”. Il rabbino capo polacco Micheal Schudrich, nell’introduzione al libro che descrive anche la storia della famiglia Ulma, ha sottolineato: «È difficile scrivere dei Giusti tra le nazioni. Tutte le parole falliscono. Le parole non bastano per descrivere e trasmettere il bene che queste persone irradiano. In poche parole, i Giusti mostrano a tutti noi ciò che Dio si aspettava quando creò l’uomo». «L’assassinio in odio alla fede – afferma il Dicastero per le cause dei santi – c’è stato non tanto perché gli Ulma erano cattolici ma per il fatto che erano nei fatti, concretamente nella vita di tutti i giorni, veri cristiani e obbedivano dunque alla legge dell’amore verso il prossimo, che per loro era al di sopra di qualsiasi altra legge, comprese quelle imposte dai nazisti. E questo fu tra i motivi dell’assassinio efferato di tutti i componenti della famiglia, anche dei bambini».
Per chi volesse approfondire, tanto la storia degli Ulma e della comunità di Markowa quanto le considerazioni a proposito dell’insolita beatificazione “di famiglia” sono riportate nell’assai ben documentato e accattivante libro di Paweł Rytel-Andrianik e Manuela Tulli, “Uccisero anche i bambini”, da poco uscito per le edizioni Ares.

Libro ed Ares, Ulma Uccisero anche i bambini