Il racconto di Eshkol Nevo e la diplomazia della misericordia di papa Francesco

C’è qualcosa che tiene insieme il piccolo fatto familiare raccontato dallo scrittore israeliano e le parole del Santo Padre che invoca la diplomazia della misericordia per non arrendersi alla logica della violenza al tempo delle guerre che stanno sconvolgendo l’ordine mondiale. Le piccole come le grandi ferite si possono curare con la certezza della speranza che non dà mai nulla per perso. Soprattutto quando tutto sembra suggerire il contrario.    


17 novembre 2023
Editoriale
di Enzo Manes

@ AP

Vedi alla voce F come ferita. Siamo a Tel Aviv in una giornata normale, venerdì. Padre e figlia piccola sono al supermercato. Lui è andato a prenderla a scuola e questa volta ha scelto un ipermercato un po’ fuori mano, più economico. La figlia è contenta perché sa che in cambio del suo aiuto a riempire il carello della spesa, otterrà una barretta di cioccolato. Iniziano a girare per i corridoi e a prendere i prodotti.
Il padre, non sa perché, si si lascia distrarre da pensieri che poi non ricorderà affatto, probabilmente ritenuti poco significativi. Quella distrazione è fatale. La piccola intanto guida il carrello con la manina che sporge. Un’altra persona con il suo carrello sta sopraggiungendo dalla parte opposta. Il padre non si sta accorgendo di quel che è prossimo a succedere. L’incidente avviene davanti allo scaffale occupato dai corn flakes: le manine della figlia restano incastrate fra i due carrelli.
A quel punto, pur non sentendola piangere, il padre torna a essere completamente presente. Ora la scena vede la piccola finalmente in lacrime: la ferita le fa male e scende anche qualche goccia di sangue. Sbuca una commessa richiamata dal pianto. È una donna matura, le rughe lo confermano. Manda una collega a prendere un cerotto, accarezza i capelli della piccola confortandola con parole semplici. Si respira gentilezza. Le dice che è una bambina molto bella e le racconta una storia buffa che riguarda una strana giraffa. La piccola non piange più. Arriva la seconda commessa che delicatamente avvolge il cerotto intorno al dito ferito.
Il padre ringrazia la prima commessa, quella più anziana e la seconda commessa, decisamente più giovane. E in modo del tutto naturale congiunge le mani avvicinandole al petto per testimoniare quel gesto la propria gratitudine.
Risolto al meglio l’incidente, la figlia chiede al padre per quale motivo la prima commessa parlasse in modo così strano. La risposta non si fa attendere: perché è araba. Così pure la commessa che ha portato il cerotto preoccupandosi di medicarla. Come sono state gentili, dice lei. Il padre annuisce. «Poi non ne abbiamo più parlato. Le ho comprato due barrette di cioccolato invece di una soltanto, e lei era tutta contenta. Abbiamo pagato la spesa alla cassa e l’abbiamo infilata nel bagagliaio. Siamo ripartiti verso casa in silenzio. Razzismo, antirazzismo, parole grosse. Alla fine dei conti sono i piccoli momenti a essere decisivi, spero».

Not one of them helps.. – Parigi 1967 dal libro Where I find Miself. Photograph @Joel Meyrowitz

La tentazione di perdere lucidità

Questo racconto/testimonianza è nel “Vocabolario dei desideri” dello scrittore israeliano Eshkol Nevo (Piccola biblioteca Neri Pozza). Letto in questi giorni di guerra in Terra Santa dice qualcosa, introduce una prospettiva diversa: un episodio insignificante come mille che contiene un significato. Quella piccola ferita si è rimarginata mentre la grande ferita continua a fare molto male. Eppure è legittimo sperare nei piccoli momenti decisivi per approcciare e affrontare i grandi. Altrimenti tutto sarebbe vano.  Ha ragione padre Antonio Spadaro: “In un tempo in cui l’ordine mondiale è sconvolto e i pezzi di una guerra mondiale sembrano saldarsi, la tentazione è quella di perdere lucidità. La cosiddetta ‘diplomazia della misericordia’ di Francesco consiste nel non dare mai nulla per perso nel rapporto tra i popoli. Anche per questo il Papa non usa normalmente la parola geopolitica: per lui ha il sapore del Risiko ed è dominata dalle logiche di potere delle nazioni”. (La Stampa, 8 novembre 2023).

Pazienza e attesa

Piace pensare che la piccola scena avvenuta in un ipermercato di Tel Aviv abbia legami stretti con la ‘diplomazia della misericordia’ invocata da papa Francesco per rilanciare i rapporti fra i popoli. Non per dire che si tratti della stessa cosa, ma per dire che si tratta della stessa cosa. Quella cosa che si chiama esperienza.  Alla storica rivista dei gesuiti “La Civiltà Cattolica” il Santo Padre disse che «Dio si manifesta nei processi della storia. Questo fa privilegiare le azioni che generano dinamiche nuove. E richiede pazienza, attesa».
Oggi, adesso, c’è la necessità di azioni generative di dinamiche nuove. Confortate e affidate all’intervento di Dio nella storia di tutti i giorni. Pensate che Dio possa abbandonare la Terra Santa? Pazienza, attesa… Perché ci sono mani che avvolgono con i cerotti mani e manine ferite. Non credere ragionevolmente che questo possa accadere vorrebbe significare il trionfo dell’assenza di significato.
Una vita non vita. Mentre la vita è per la vita. Intanto, per la Chiesa ambrosiana e a breve per tutta la cattolicità, si avvia il tempo dell’Avvento. A proposito di attesa come promessa feconda di speranza.    

@Joel Meyerowitz