Italia si vota
Lo scalpello e la crisi del Parlamento

di Mario Mauro
22 luglio 2022

Voteremo il 25 settembre.
Voteremo per la costituzione delle nuove assemblee parlamentari di camera e senato. Non è scontato sottolinearlo perché nel rapporto ipocrita e menzognero che lega da quasi trent’anni i partiti della seconda repubblica ai loro elettori, andremo alle urne apponendo la croce su una scheda dove verrà scritto sul simbolo del partito il nome del candidato presidente del consiglio.

Una boutade : perché la nostra Costituzione e la natura parlamentare della nostra Repubblica affidano alle prerogative del Presidente della Repubblica l’individuazione di quel nome.

Come, pure, ci immaginiamo divisi in coalizioni, salvo poi scoprire, dopo ogni tornata elettorale, che la politica è come la cucina: si fa il minestrone con le verdure che si trovano.

I partiti hanno scelto di mantenere gli elettori in questo equivoco.

Sono in realtà dei non-partiti: senza congressi, senza dinamiche democratiche, senza culture politiche consolidate. Semplicemente qualcuno deposita un marchio , ne diventa proprietario e cerca sovvenzioni che supportino una strategia di marketing adeguata. Dalla celebre “discesa in campo…” del presidente del Milan Berlusconi al più semplice “vaffanculo” di Grillo.

E chi rinfaccia a questo o quel parlamentare di cambiare casacca fino a rivendicare nei programmi il vincolo di mandato, come Di Maio e Salvini, dimentica che sono i partiti che con non chalance hanno cambiato in questi anni le idee. Al punto che nel centrodestra chi era contro la nazione e voleva bruciare la bandiera è arrivato alla conclusione che “vengono prima gli italiani” e la Padania si fotta. Del Partito Democratico, nato in altro contesto e con altri nomi -anche dai finanziamenti di Mosca ed oggi campione di Atlantismo- non mi meraviglio. Ha fatto per anni la guerra a Berlusconi fin quando non è riuscito a dotarsi di un segretario, Renzi, che non ha mai fatto mistero di volerne l’eredità.

Monti prima e Draghi di recente sono la prova del fallimento del sistema e della fragilità della nazione a cui certo mancano statisti, ma soprattutto un sentimento di consapevolezza diffuso tipico di una educazione al bello , al vero, al giusto che sola garantisce un comune sentire nelle circostanze più difficili, e che troppe agenzie educative, comprese chiese e associazionismo di varia natura, hanno reso marginale nelle proprie strategie, preoccupati delle briciole del potere.

Nella crisi finanziaria del 2009 come nella stagione della pandemia -ed oggi di fronte alle sfide della guerra e delle autocrazie- la società italiana e la sua classe dirigente si smarrisce faticando a mettere al centro dei propri sforzi il destino di una generazione.

Ma il 25 settembre si vota.

E non ci sono alibi perché la partita per il potere è la partita del dovere. “Questo Paese non si salverà, la stagione dei diritti e delle libertà si rivelerà effimera, se in Italia non nascerà un nuovo senso del dovere

Le parole di Aldo Moro sono un monito ineludibile per chi matura quella consapevolezza che ci fa coscienti dei rischi a cui esponiamo la nostra convivenza civile accontentandoci del fatto che la politica appartenga ai soli politici.

La diciottesima legislatura è stata un vero disastro: ha offerto spettacoli memorabili di pressappochismo e di mancanza di dignità. Ma è comunque espressione di un vivere civile dove le istituzioni sono chiamate a custodire e promuovere i valori di un popolo.

Lo si è capito nella dedizione di tanti nel tempo della pandemia. Nella determinazione con cui Mario Draghi ha difeso atlantismo ed europeismo. Nelle scelte di politici che hanno ammesso i propri errori.

Dare una forma a queste intenzioni, usare il voto come uno scalpello per plasmare una democrazia nuovamente attiva, come nei momenti più duri della storia della nostra Patria, spetta a noi. Alla nostra passione civile ed alla nostra libertà. Al modo con cui parteciperemo alla discussione, a partire da oggi, sui luoghi di lavoro e più probabilmente sulle spiagge e nelle nostre famiglie. Possiamo dare al nostro impegno il senso di una responsabilità per l’Italia. Consapevoli che la politica non è la panacea dei problemi della vita. Ma che senza fare politica ci consegniamo al potere opaco di chi ci vuole senza amore per la realtà, senza la capacità di stabilire legami e promuovere attraverso dinamiche di comunità, l’esperienza di un popolo.

Se andremo al voto con questa coscienza un giorno torneremo ad animare anche partiti veri, e soprattutto politica degna di questo nome.


Immagini:
Fotografia di Diego Loffredo – Napoli / Instagram: @diegoloffredo74