Javier Cercas, Bergoglio e un libro magnificamente “guazzabuglio”
Papa Francesco che dice al grande scrittore spagnolo, ateo e anticlericale: “Scrivi quello che vuoi”. E così ne è un libro che è un lungo racconto di fatti veri: Il folle di Dio alla fine del mondo (Guanda). Contiene incontri, conversazioni intense, desideri, sorprese, interrogativi, curiosità intorno a Gesù Cristo e alla fede. Insomma, la vita vera con le sue complessità e ambiguità E anche un colloquio con il Santo Padre che l’autore accompagna nel suo viaggio in Mongolia. Una sfida appassionante nella quale è Cercas stesso a mettersi in discussione. Un’avventura, anche per il lettore. «Ho deciso che se scrivevo un libro sul Papa, ero costretto a scrivere un libro diverso, il più stravagante possibile, un misto di cronaca e saggio e biografia e autobiografia, un esperimento eccentrico, un guazzabuglio»
6 giugno 2025
Pagine fraterne
di Alessandro Banfi

Durante la lettura di questo libro ci si può chiedere se il Dicastero vaticano della Comunicazione abbia fatto un autogol clamoroso o se si tratti di una raffinata operazione di propaganda. Ma poi si scopre che nessuna delle due cose è vera.
Uno dei più grandi scrittori viventi, lo spagnolo Javier Cercas, autore di capolavori da milioni di copie ma anche ateo, anticlericale, laicista militante, come lui stesso si definisce nelle prime righe, ha avuto per settimane libero e privilegiato accesso ai Sacri Palazzi, intervistando chi voleva, e alla fine ottenendo un colloquio anche con Papa Francesco, che ha seguito durante il suo viaggio in Mongolia (da cui il titolo Il folle di Dio alla fine del mondo, stampato in Italia da Guanda).
Non solo, prima di cominciare ha un veloce incontro col Papa che gli dice: “Scrivi quello che vuoi”. Cercas lo prende in parola e scrive un lungo racconto di fatti veri, compreso tutto il dietro le quinte dei colloqui coi responsabili vaticani, avendo dall’inizio dichiarato un traguardo molto preciso ma particolare: chiedere al Papa se sua madre, ancora viva benché colpita dall’Alzheimer, potrà davvero rivedere suo padre, morto da tempo, come lei desidera. Il grande scrittore ateo in sostanza è molto curioso di capire chi sia il Papa e che cosa faccia la Chiesa ma la sua più grande curiosità riguarda la vita eterna e alla fine Gesù Cristo e la fede.
Dunque, si mette allo scoperto anche lui e racconta come e perché, da ragazzo, leggendo Miguel De Unamuno sia divenuto non credente e perché quella domanda della madre non lo lasci indifferente, visto che la morte resta la grande questione della vita.

Il chiaroscuro della coscienza
Cercas insieme analizza tutte le questioni che riguardano papa Francesco, le critiche che gli vengono rivolte, potremmo dire anche le sue luci e le sue ombre. Da grande scrittore però il suo non è un racconto in bianco e nero, ma anzi riporta continuamente la complessità e anche l’ambiguità del reale. Più volte usa la parola “guazzabuglio” per raccontare sentimenti contrastanti che assalgono i suoi interlocutori ma anche lo stesso narratore. Scrive ad un certo punto, all’inizio del racconto, in una specie di frase programmatica: «Ho deciso che, se scrivevo un libro sul Papa, ero costretto a scrivere un libro diverso, il più stravagante possibile, un misto di cronaca e saggio e biografia e autobiografia, un esperimento eccentrico, un guazzabuglio». Letta questa frase ci è venuta alla mente un’espressione di Alessandro Manzoni nei Promessi Sposi che descrivendo a lungo i pensieri del padre di Gertrude, che sa di costringere la figlia ad una monacazione coatta e allo stesso tempo è convinto di farne il bene, parla di un «guazzabuglio del cuore».
La letteratura vera non è mai manichea e racconta il chiaroscuro della coscienza. La missione di Cercas si è pienamente realizzata, ogni lettore lo sentirà alla fine di questo libro di viaggio, proprio perché questo racconto è tutto quello che lo scrittore spagnolo si era ripromesso che fosse.

Su questa terra
È anche un libro pieno di umorismo e ironia, che sa raccontare amici e colleghi conosciuti da anni, da Lorenzo Fazzini della LEV (Libreria Editrice Vaticana) ad Andrea Tornielli e Paolo Ruffini del Dicastero vaticano, in perfette e rapide pennellate, in ritratti magistrali. Ci sono i dialoghi intellettuali con padre Antonio Spadaro e con il cardinale Josè Tolentino de Mendonca. E poi c’è il racconto delle persone che l’ateo Cercas ammira, come i missionari della Consolata da anni in Mongolia, i vari padre Miguel, Ernesto, Francesca, il cardinale Giorgio Marengo… donne e uomini di Dio che hanno dato la loro vita per gli altri “alla fine del mondo” in nome di una fede in Gesù Cristo che affascina e commuove. La Chiesa missionaria scalfisce le resistenze del laicista militante e non a proposito dell’eternità ma della vita qui, su questa terra. C’è un’altra persona, protagonista di questo libro, che sicuramente ha colpito l’anticlericale Javier Cercas. È Lucio Brunelli, già collega al settimanale Il Sabato e al mensile Trenta Giorni, autorevole vaticanista al Tg2 e poi direttore di Tg2000. Per lo scrittore spagnolo è soprattutto il vero amico di papa Francesco, colui che ne ha saputo raccontare gli aspetti più intimi e veri.

Ci vorrebbe un amico
A pagina 402 dell’edizione italiana c’è una specie di finale del libro (che anticipa quello bellissimo sulla madre di Cercas e papa Francesco che non svelo al lettore) che recita così: «Ci salutiamo: Brunelli mi dà un abbraccio fraterno; Tornielli, una mano appassionata; Maria Argenti, una mano silenziosa; Ruffini, una mano da prefetto. Poi, mentre risalgo viale del Vaticano in compagnia di Fazzini, che lecca un cono gelato comprato in una gelateria vicina (“La migliore di Roma”, secondo il suo parere esperto), mi dico che chissà, che si sono viste cose più strane e che forse, se avessi avuto un gruppo di amici come quello, sarei ancora cattolico e crederei nella resurrezione della carne e nella vita eterna».
Ci vorrebbe un amico, diceva Antonello Venditti. Ci vorrebbe davvero nella vita un gruppo di amici per capire la vita eterna, ma soprattutto per comprendere che cos’è il centuplo quaggiù.