La forza dell’umanesimo religioso risposta al pensiero nichilista di Putin

Prima della geopolitica

Il professor Adriano Dell’Asta, profondo conoscitore del mondo e della cultura russa, ha scritto un libro fondamentale per aiuta a comprendere il progetto ideologico della Russia di Putin. Si intitola: La “Pace russa”. La teologia politica di Putin, Scholè-Morcelliana. Un testo che contribuisce ad ampliare il nostro sguardo e così conoscere le ragioni che sono alla base della guerra scatenata dall’autocrate russo. E le ragioni per un risveglio realistico, autenticamente umano. Secondo la prospettiva indicata da papa Francesco, insita nella tradizione europea.


23 giugno 2023
di Andrea Caspani

In questo periodo si moltiplicano gli interventi che cercano di delineare gli scenari geopolitici futuri, ed avanzano proposte di iniziative diplomatiche purtroppo spesse volte poco realistiche di fronte ad un conflitto che non sembra avere vie d’uscita praticabili al di fuori degli esiti militari.
In questo contesto l’ultimo libro di Adriano Dell’Asta, profondo conoscitore del mondo e della cultura russa, ed intitolato La “Pace russa”. La teologia politica di Putin, Scholè-Morcelliana, 2023, pp. 128, è come uno squarcio di luce nell’oscurità, perché ci aiuta ad allargare lo sguardo, conducendoci alla radice culturale del conflitto, portandoci sul piano del “discernimento”, ovvero della riflessione che parte dai dati di realtà per arrivare a comprendere  ciò che lega i diversi fattori in campo, in modo da illuminare costruttivamente il senso di ciò che sta accadendo e indicare una prospettiva di intervento almeno potenzialmente “realistica”.

La neolingua putiniana

Il libro non si dilunga sugli aspetti geopolitici (né tantomeno militari) della guerra in corso, ma mira subito all’essenziale, all’individuazione del centro propulsivo delle trasformazioni che in un paio di decenni hanno cambiato il volto della Russia, rendendola un‘ombra minacciosa non solo per l’Ucraina, ma anche per l’Occidente, se non per l’intero mondo.
La tesi di fondo è presentata con chiarezza già nelle prime righe del libro: «è ormai diventato sempre più evidente che l’ideologia del Russkij Mir (il Mondo russo) ha svolto e sta svolgendo un ruolo essenziale sia nello scoppio sia nella prosecuzione dell’attuale conflitto; e però, paradossalmente, mir in russo significa sia mondo che pace, così che si potrebbe pure dire che a scatenare questa guerra è stata la “Pace russa”, o meglio la “Pace russa” nella versione che Putin dà alle parole, una versione nella quale della realtà cui le parole dovrebbero corrispondere, resta ben poco, in forza di una rielaborazione così radicale del mondo che finisce col distruggerlo».
E così, a partire dall’analisi di alcune parole-chiave della neolingua putiniana, il testo procede, in cinque agili capitoli, a mostrare come è stato possibile cambiare in pochi anni l’immagine della Russia, caratterizzata da una storia e una cultura che «pur nel suo irripetibile carattere nazionale, ha una vocazione universalista, legata alla sua tradizione cristiana e alle sue origini europee, ben più antiche e profonde rispetto a quelle di un presunto asiatismo che la separerebbe dal resto dell’Europa».

Adriano Dell’Asta, vicepresidetne di Russia Cristiana

Teoria della cospirazione

Con una articolata delineazione di passaggi l’autore mostra come il cuore del progetto di Putin non sia la semplice costruzione di un sistema politico dittatoriale ed espansionistico (peraltro ben descritto nei paragrafi in cui si parla della formazione di un regime politico basato su “cleptocrazia, imperialismo, autoritarismo”), bensì una nuova ideologia che, sulla falsariga di quella sovietica, sta portando il popolo russo a diventare nemico di sé stesso  e che mira, come afferma esplicitamente un politologo putiniano, a sradicare “non solo la versione banderista dell’Ucraina nazista, ma anche e soprattutto il totalitarismo occidentale, i suoi programmi di degradazione e disintegrazione civile, i meccanismi di sottomissione alla superpotenza dell’Occidente e degli USA”.
Qui è interessante notare come, secondo padre Hovorun (a lungo segretario di Kirill), “l’ideologia del Russkij Mir non attribuisce il secolarismo solo al mondo occidentale cattivo, ma lo attribuisce specificamente anche alla Chiesa cattolica, che è dalla parte del male e combatte il bene dalla cui parte sta la Russia. E per questo, nella retorica di molti sacerdoti e vescovi, si pensa che se oggi la Russia non dovesse vincere i nazisti ucraini, l’Ucraina diventerà cattolica e secolarizzata. È pura teoria della cospirazione …”.
In primo luogo quindi il libro permette di superare l’accusa di “russofobia” che i “simpatizzanti” dei valori proclamati dal regime di Putin avanzano come deterrente verso chi critica il progetto putiniano: in uno dei capitoli più affascinanti si mostra infatti come sia proprio «il mondo creato da Putin» quello che è caratterizzato dalla «vera russofobia», chiamando a testimonio una serie di pensatori e studiosi russi, contemporanei e classici.
Con brevi notazioni viene fatto comprendere così quale sia l’humus umanistico da cui scaturiscono i valori della tradizione culturale russa e come siano stati profetici, ma inascoltati, gli ammonimenti che autori del calibro di Sacharov e Solzenicyn, in nome di questo umanesimo, hanno avanzato nel momento del passaggio al post-comunismo contro i gravi rischi per la democrazia che sarebbero derivati da una mancata presa di coscienza e da un severo giudizio di condanna morale dell’ideologia di grandezza e di sopraffazione che aveva caratterizzato il regime comunista. 
Emerge così, anche con l’argomentato riferimento a pensatori classici come Fedatov e Solovev (affascinante in particolare il riferimento al grido profetico di Solovev nel 1890: “O Russia! Rapita in una sublime preveggenza, tu sei preda di un superbo pensiero; ma quale Oriente vuoi dunque tu essere: l’Oriente di Serse o di Cristo?”) che il nazionalismo esclusivo e la tentazione imperiale (e imperialista), pur presenti nella storia russa, non vanno mai confuse con l’anima della cultura russa in quanto tale.

Il progetto di una nuova identità russa

Ma è nella ricostruzione della storia e delle caratteristiche dell’ideologia del Russki Mir che il testo si fa decisamente coinvolgente e convincente, perché, con una logica stringente, mette insieme le tante “tessere” del mosaico di idee che attraversano la Russia di oggi, di modo che viene progressivamente svelato il “mistero” del «progetto globale di costruzione di una nuova identità per la Russia” da parte di Putin».
Il Russkij Mir infatti, in origine, negli anni ’90, era solo un progetto laico dei liberal russi che volevano mettere il grande potenziale intellettuale dei russi, disperso dopo la frammentazione conseguente allo scioglimento dell’URSS, al servizio dell’edificazione di una nuova Russia democratica.
È agli inizi del nuovo secolo che la Chiesa (nella persona dell’allora metropolita Kirill) cattura quest’idea trasformandola: i principi del mondo russo diventano un progetto culturale che va diffuso dal centro alla periferia della Grande Russia (in una visione transnazionale che va dalla Bielorussia all’Ucraina ai paesi ex-sovietici) attraverso l’influenza politica del regime putiniano.
È così che, come nota un ex-collaboratore di Kirill, “la Chiesa è riuscita a convincere il Cremlino che questa ideologia poteva servire da base per la sua politica”.

Papa Francesco mostra la bandiera di Mariuol, la città martoriata nel Donbass

Il filetismo nella Chiesa russa

Il libro osserva poi il progressivo scivolamento del fervore missionario di questa prospettiva in un nuovo tipo di nazionalismo religioso che comporta il rischio dell’eresia filetista.
Particolarmente istruttivo in proposito è il capitolo dedicato al filetismo nella Chiesa russa, che di per sé è un‘eresia già condannata nel 1872, in quanto indebita esaltazione della differenza delle “razze” e delle differenze nazionali nel seno dell’unica Chiesa di Cristo.
Anche l’attuale visione del patriarca Kirill ha una deriva filetista, come viene denunciato da sempre più numerosi teologi ortodossi. L’idea infatti della reductio ad unum di tutto il mondo russo (una categorizzazione che vorrebbe abbracciare tutti i russofoni ma che tende addirittura ad allargarsi indefinitamente nelle ultime definizioni del regime), con una unica Chiesa e un unico patriarca (Kirill), che opera in sinfonia con il presidente (Putin) di tutti i “russi”, chiamato a diffondere la comune spiritualità, moralità e cultura, finisce per ridurre la Chiesa ad un attributo secondario della nazione e dello Stato russo, che viene divinizzato per il suo impegno ad affermare un vero e proprio “nazionalismo di civiltà”.
Il capolavoro di Putin è stato proprio quello di raccordare temi slavofili,  del socialismo realizzato, dell’eurasiatismo (nel libro c’è anche una rapida ma efficace sintesi sul pensiero di Dugin), del cristianesimo ortodosso, ecc. stravolgendoli e inserendoli in una visione complessiva, che è organica e costituisce una nuova rielaborazione del mondo, in grado di assumere “un carattere aggressivamente totalizzante in forza di una lettura della realtà che non è più soltanto geopolitica, ma metafisica e nella quale non è in gioco soltanto la Russia come Stato, ma la sua tradizione religiosa”.
Nell’ideologia del Russkij Mir la realtà viene così radicalmente abolita, a favore di una sua rappresentazione falsificata e il Russkij mir diventa, invece che un punto di vista sulla realtà da verificare alla luce dell’esperienza, la realtà in quanto tale, da “difendere” e diffondere in ogni modo.
Da qui, nota Dell’Asta, due corollari drammatici:
-ogni opposizione a questa posizione è illegittima prima ancora che illegale (è la radice della condanna di ogni voce non pienamente allineata)
per chi resta invece all’interno di questa visione l’unica possibilità di pace possibile è quella offerta dall’adesione acritica all’ideologia, supportando in ogni modo l’eliminazione del governo dell’Ucraina e la sostituzione del mondo realmente esistente col “nuovo mondo russo”.
Qui l’autore conclude la riflessione con una notazione tanto drammatica quanto acuta: «La sostituzione del mondo esistente con il nuovo “mondo russo” non sarà l’esito della guerra, ma il prezzo della pace, ottenuta con la negazione della storia, della cultura e della lingua delle colonie che via via si deciderà di annettere».

La possibile risposta all’aggressività globale

Come rispondere a questa sfida radicale all’umanesimo russo e alla comune tradizione europea?
Dell’Asta non si sottrae alla provocazione e nella parte conclusiva del saggio afferma che l’aggressività globale dell’ideologia del Russkij Mir può essere contrastata solo con una risposta altrettanto globale, capace di guardare a tutti gli aspetti del problema in nome della riscoperta del senso della comune dignità di ogni persona umana e a partire dalla considerazione del “lato umano della guerra”.
Da questo punto di vista l’autore, che non vuole offrire alcuna ricetta di soluzione sul piano geopolitico, afferma che sarebbe importante riferirsi in primo luogo all’autentico magistero teorico e pratico di papa Francesco, superando le false immagini di equidistanza che si danno del suo operare (e mirabile è come viene smontata in poche, documentatissime pagine, la tendenziosa interpretazione della sua affermazione secondo cui la Nato avrebbe troppo “abbaiato” ai confini della Russia).
Ma soprattutto invita a recuperare il senso autentico della tradizione culturale europea e della “forza” dell’umanesimo religioso che la caratterizza, perché si è formata «per la capacità di interrogarsi sulla questione della verità e della libertà, con la coscienza di non essere padrone dell’una e di dover rispondere dell’altra».
La fondamentale responsabilità dell’Occidente nel favorire l’ascesa di un regime come quello putiniano nasce infatti proprio dall’aver guardato con una visione nichilistico-relativistica (basata sull’illusione della fine della storia) allo svolgersi della storia nella parte orientale dell’Europa, dopo la svolta del 1989, dimenticando l’insegnamento del dissenso, che è stata la riscoperta della “cura” della comune umanità (che non si può negare neanche ai carnefici), insieme alla convinzione che per essere protagonisti di una storia costruttiva sul piano umanistico occorre riscoprire la libertà come scelta morale carica di senso di responsabilità per sé e per gli altri.
In questa riscoperta dell’orizzonte della tradizione culturale comune agli europei dell’Ovest e dell’Est risiede per Dell’Asta l’inizio della “via stretta” da praticare oggi per il superamento di quest’ultima aggressiva ideologia, aprendoci ad uno sguardo e ad un atteggiamento nuovo verso la drammatica realtà del presente.
E allora il punto di partenza non potrà che essere quello ricordatoci dal grande pensatore russo S. Frank, che, braccato dai sovietici ed ugualmente dai nazisti perché, pur convertito al cristianesimo, restava pur sempre un ebreo, ebbe a dire: “In questo caos disumano che ormai regna nel nostro mondo il vincitore, alla fine dei conti, sarà quello che comincerà a perdonare per primo”.