L’amore supremo ritrovato
Una registrazione inedita (ottobre 1965) della band del grande compositore e sassofonista John Coltrane, ritrovata intatta e pubblicata in un album a quasi 60 anni di distanza. Elogio di una musica immortale.
di Walter Muto
La musica – è risaputo – è fra le arti la più volatile ed avviene in un tempo definito. Un libro lo leggi e lo rileggi, un quadro lo guardi, in entrambi casi nel tempo che decide il fruitore dell’opera. La musica accade, dura un certo tempo, e poi finisce. Fino a circa 150 anni fa l’esecuzione era un unicum, l’unica maniera di riascoltare un brano era andare a risentirlo dal vivo. Con l’invenzione del supporto fonografico giunse successivamente la possibilità di registrare un evento sonoro e conseguentemente di riprodurlo.
Ma la musica Jazz rimescola ulteriormente le carte. Se infatti – fatte salve le peculiarità di esecutori e direttori d’orchestra – un brano classico è scritto ed eseguito seguendone la scrittura, una delle caratteristiche principali del Jazz è il concetto di improvvisazione. Naturalmente non intendendo, come molti credono, delle note suonate a caso; anzi, presupponendo una grande conoscenza dell’armonia che, dopo l’esposizione di temi ed accordi scritti, permetta poi la creazione estemporanea della parte improvvisata, cioè composta mentre la si suona e mai riproposta uguale. Questo aumenta ancora di più la volatilità dell’espressione musicale, con interpretazioni sempre diverse dello stesso brano, in cui l’esecutore, anche quando non coincide con il compositore del brano, ne diventa comunque socio di minoranza.
L’evento in un piccolo club di Seattle
È tenendo presenti le premesse appena e doverosamente descritte, che mi accingo a parlare di un felice ritrovamento, riproposto e pubblicato l’8 ottobre in supporto fisico e una quindicina di giorni dopo sulle piattaforme digitali. Si tratta dell’esecuzione integrale di uno dei capolavori assoluti del Jazz, A Love Supreme di John Coltrane, performance avvenuta sabato 2 ottobre 1965 in un piccolo club di Seattle, il Penthouse. Ripreso con due microfoni messi sul palcoscenico e collegati ad un registratore Ampex, la registrazione di quel concerto riveste un’importanza storica ed artistica fondamentale, esistendone finora una sola, quella di Antibes, in Francia, fissata su nastro nel luglio 1965, essendo l’album originale uscito nel gennaio dello stesso anno.
Ulteriori approfondimenti sono reperibili in un ottimo articolo uscito su Pitchfork a firma Mark Richardson, che consiglio a tutti coloro che leggono l’inglese. Ci sono diverse cose che emergono dall’ascolto di questo lavoro, anche comparandolo con l’album originale registrato qualche mese prima – sì, per scrivere di musica occorre ascoltare con attenzione, questa è la dura verità; e sì, adesso vi dico anche il titolo dell’album uscito ora: John Coltrane A Love Supreme: Live in Seattle, Impulse! Records, 2021 -. La line-up della versione in studio fotografa la formazione di quel preciso momento fra le mutazioni di Coltrane, presentando delle assolute superstar, musicisti già nell’olimpo del jazz o destinati di lì a breve a diventare assoluti caposcuola del genere: McCoy Tyner al pianoforte, Jimmy Garrison al contrabbasso ed Elvin Jones alla batteria. In questa versione dal vivo a Seattle si aggiungono altri tre musicisti, nella fattispecie Pharoah Sanders al sax tenore, il polistrumentista Donald Garrett al secondo contrabbasso e Carlos Ward al sax contralto. Quest’ultimo era un membro della band di Joe Brazil, responsabile della registrazione del concerto; insieme avevano suonato prima di Coltrane lo stesso giorno – e probabilmente per questo, aggiungo io, avevano predisposto la registrazione su un Ampex a bobine.
Si dilatano i confini musicali
Il disco originale di Coltrane era in realtà un concept album, una suite in 4 episodi, come una sorta di progressivo innalzamento verso il Divino, indicato dagli stessi titoli dei quattro movimenti: Pt. I – Acknowledgement / Pt. II – Resolution / Pt. III – Pursuance / Pt. IV – Psalm. Nella registrazione del concerto di Seattle ai quattro movimenti si intervallano quattro cosiddetti Interludes, parti improvvisate affidate ai vari strumenti, raggiungendo una durata totale di più di 75 minuti, contro i 33 minuti dell’album originale. Il movimento che subisce la dilatazione maggiore è il primo, Acknowledgement, quasi 22 minuti rispetto agli 8 originali. Questo sterile dato numerico lascia trasparire quello che è avvenuto quella sera, fra l’altro non in un importante Festival come Antibes, ma in un minuscolo locale di Seattle: una espansione dei confini musicali, che, una volta esposti i temi, portano i brani a dilatarsi ed esplodere in direzioni nuove, testimoniando la volontà comunicativa di Coltrane e dei suoi musicisti, che lo seguono in avventure sempre nuove ed eccitanti.
L’imbattersi con una cima tempestosa
Siamo quindi di fronte ad un ritrovamento importante, specialmente per chi è in grado di seguire un viaggio così tortuoso ed al tempo stesso affascinante. Sì, perché occorre un piccolo nota bene finale: non è questo un linguaggio per tutti, o per meglio dire, non è un linguaggio per chi non ci si voglia confrontare. A volte la strada è ostica: nel grande interplay, che si percepisce anche a quasi sessant’anni di distanza, ed anche in una registrazione potremmo dire oggi ‘casalinga’, navigando nella grande intesa fra i musicisti dobbiamo fare la fatica di andare oltre la prima impressione ed ascoltare fino in fondo. Alla fine potremo dire di aver scoperto un bellissimo panorama o di aver trovato una cima tempestosa – come in un’escursione in montagna. Ma sarebbe un peccato mollare il colpo all’inizio della salita. Perché di questo si tratta, di una ascensione, come recita il titolo dell’album successivo di Coltrane, registrato nel giugno dello stesso anno, prima di entrambe le performance live che abbiamo citato (Ascension, John Coltrane – Impulse! Records, pubblicato Febbraio 1966). La salita, a volte ardua, cui Coltrane ‘costringeva’ (e costringe tuttora) i suoi ascoltatori, è motivata da quello che era il suo scopo dichiarato, riportato in un articolo di Alberto Rodriguez, nel 1981 sulla rivista Musica Jazz.
«Il mio compito di musicista è trasformare gli schemi tradizionali del jazz,
rinnovarli e soprattutto migliorarli. In questo senso la musica può essere
un mezzo capace di cambiare le idee della gente.»
In un tempo come il nostro, fatto di comunicazione sempre più immediata e di tempi sempre più ristretti e frenetici, possiamo decidere di accettare la sfida ed entrare in una dimensione diversa e confrontarci con un linguaggio altro, ma sempre attuale.
A Love Supreme: Live in Seattle
Impulse! Records
Vinile e Compact Disc in uscita 8 ottobre 2021
Piattaforme digitali in uscita 22 ottobre 2021
- “A Love Supreme, Pt. 1 – Acknowledgement” 21:53
- “Interlude 1” 2:28
- “A Love Supreme, Pt. 2 – Resolution” 11:05
- “Interlude 2” 6:23
- “A Love Supreme, Pt. 3 – Pursuance” 15:27
- “Interlude 3” 6:31
- “Interlude 4” 4:20
- “A Love Supreme, Pt. 4 – Psalm” 7:21
Durata totale: 75:28
Musicisti
The John Coltrane Quartet
John Coltrane – sax tenore, percussioni
Jimmy Garrison – contrabbasso
Elvin Jones – batteria
McCoy Tyner – pianoforte
Aggiunti
Carlos Ward – sax contralto
Pharoah Sanders – sax tenore, percussioni
Donald Garrett – contrabbasso
Joe Brazil – registrazione
Immagini:
Dizzy’s / © Pino Ninfa
John-Coltrane – A Love Supreme Copertine Long Playing Vinile
John Coltrane
Altro Sax / © Pino Ninfa
John Coltrane – Blue-Train 1957 Vinile Long Playing
Rid sax / © Pino Ninfa
Sun Ship – John Coltrane Long Playing Vinile