MONTALE E IL PENSIERO DEL FINE
Cinquant’anni fa “SATURA”

giovedì 4 febbraio 2021 ore 21.00
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dialogo critico con
Giancarlo Pontiggia, poeta e docente di letteratura

interventi di
Francesca Serragnoli, poetessa
Laura Corraducci, poetessa

conduce
Francesco Napoli, critico letterario, redazione del CMC

“E ora che ne sarà del mio viaggio?
Troppo accuratamente l’ho studiato
senza sapere nulla. Un imprevisto
è la sola speranza. Ma mi dicono
ch’è stoltezza dirselo.”

 

 

 

 

Oggi, a cinquant’anni dalla pubblicazione di Satura (gennaio 1971, vasta raccolta dal ’62 al ’71    ), un capolavoro dagli ampi tratti preconizzanti, è giusto riproporre una riflessione sui molti temi presenti in quelle pagine. Apriamo così un anno per Eugenio Montale (1896-12 settembre 1981.

Seguire questi versi di Eugenio Montale significa interpretare, ricomporre e decifrare gli indizi lasciati dal poeta nella scacchiera dell’opera (che si conclude nel settembre 1981 con la sua morte).

C’è una domanda di fondo che innerva Satura di “una natura esistenziale, ed è la stessa domanda che attraversa tutte le opere di Montale: esiste una via di salvezza, un “varco”, la “maglia rotta nella rete” di cui già si parla nelle liriche dei lontani Ossi?” (Giancarlo Pontiggia).

Per Montale, in frangenti storici  dove parole ed esistenze sono “ingorgate” nel vuoto che lasciano dogmi e di schematismi di un pensiero dominante, allora come oggi, la tristezza, l’accettazione passiva, frammista al rifiuto, che ne scaturiscono, non hanno portato comunque al vuoto e al nulla.

Lo si comprende bene quando in limine a Satura si pronuncia affermando: “in me i tanti sono uno anche se appaiono/ moltiplicati dagli specchi”.

Il poeta pronuncia la sua risposta, coraggiosamente. Indica la via per liberarsi dall’ingorgo dei tempi massificanti e omogeneizzanti, nel suo tempo per spinte ideologiche e oggi per l’appiattimento digitale e globale: ritrovarsi prima e riconoscersi poi nella vivificante singolarità dell’Essere.

“Ogni giorno di più mi scopro difettivo:/manca il totale./Gli addendi sono a posto, ineccepibili,/ ma la somma?” e prosegue la poesia Rebecca: “O mansueta Rebecca che non ho mai incontrata!/ Appena una manciata di secoli ci dividono,/ un batter d’occhio per chi comprende la tua lezione./ Solo il divino è totale nel sorso e nella briciola./ Solo la morte lo vince se chiede l’intera porzione”.

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