Operazioni culturali o cultura. Pasolini e i casi di oggi
Fabbricare cultura (che invece si genera) appropriandosi del pensiero dei grandi intellettuali, per ragioni di bottega e potere. Assistiamo a logiche di schieramento e le intemperanze ideologiche per portare ad esempio il poeta friulano dalla propria parte. Un esercizio tendenziale e imbarazzante. E la questione fascismo e antifascismo sembra proprio fare al caso di questo desolante progetto
23 maggio 2025
Editoriale

Il cantiere delle operazioni culturali merita sempre di essere visto con un necessario occhio di riguardo. Il che significa una grande e preoccupata attenzione in quanto esso rivela il tentativo dell’impresa di turno di fabbricare interpretazioni di pensieri e opere funzionali al proprio orizzonte ideologico. Va da sé che così facendo si rende un pessimo servizio alla cultura che, per sua natura, mai può essere ancella di qualsivoglia operazione culturale. La cultura è un vero riverbero di vita e perciò impossibilitata a deviare in progetto.
Papa Francesco e Papa Leone XIV risucchiati
Un autore non vale nella misura in cui viene utile a un programma, tantomeno se ideologico. Un autore vale di per sé, è lui stesso o le fonti che che riapre che sono un programma, che si unisce a una vota in corso adesso, che se ne lasci abbeverare. Un incontro cioè, non una sovrapposizione, un aggiornamento, un utilitaristica conferma senza riapertura. Insomma un bicchiere senza acqua, un vino che diventato aceto. Un autore merita di essere conosciuto per quel che è il suo pensiero, letto e giudicato per ciò che dice, cioè la qualità delle opere.
Nessuno è esente dalla tentazione di farne un vate di questa o quella bandiera. Tuttavia c’è chi sgomita per primeggiare in questo campo. Lo abbiamo visto, per restare a questi tempi di riaccesa contrapposizione, con il racconto perlomeno parziale, perché inficiato da interessi di parte, del pontificato di papa Francesco. Discorsi disinvolti, scorciatoie ardite, sgrammaticature alla luce del sole. E così in quel racconto si è materializzata l’assenza di Bergoglio. Perché ai professionisti delle operazioni culturali faceva, fa e farà comodo utilizzare o sorvolare sulle parole del papa per i propri scopi. Lo stesso sta già succedendo con Papa Leone XIV, pure lui immediatamente risucchiato nella desolante chiacchiera programmatica.

Inquadrature sbagliate
Nel cantiere sempre aperto delle operazioni culturali stanno finendo di recente, per citarne solo alcuni, autori come Tolkien, Nietzsche, Arendt, Gramsci, Pasolini. Spinti giù giù nell’abisso oppure spolverati e addomesticati a seconda della propria “inquadratura”. D’altronde, chi persegue l’obiettivo delle operazioni culturali è per definizione un… inquadrato.
Si indicava appena sopra Pasolini. Quest’anno – a novembre ricorrerà il cinquantesimo della sua morte violenta – possiamo attenderci di tutto e di più. Addirittura che suoi interventi vengano risciacquati. E non certo per manifesta ambiguità dell’autore, pur non sempre facile da interpretare . Purtroppo, quanto più si è intellettuali liberi tanto più si finisce preda di progetti manipolatori. Andiamo al dunque. A una pubblicazione.
La prima edizione de Il fascismo degli antifascisti di Pier Paolo Pasolini (I Piccoli Grandi libri Garzanti) è del 2018. A tappe regolari l’editore ristampa questo libro di dimensioni assai ridotte ma dal contenuto acuto, provocatorio e, manco a dirlo, di dirompente attualità. Contiene otto testi che l’autore scrisse tra il settembre 1962 e il febbraio 1975 nella forma di articoli per diversi giornali e, in buona parte, già presente nel famoso volume degli Scritti corsari.
«Io credo, lo credo profondamente, che il vero fascismo sia quello che i sociologi hanno troppo bonariamente chiamato ’la società dei consumi’. Una definizione che sembra innocua, puramente indicativa. E invece no». A PPP nulla piaceva della direzione presa dal progresso, processo così invasivo al punto dall’aver deturpato la persona; individuava una profonda crisi antropologica, una perdita di coscienza dell’io a favore di un’omologazione al “nuovo che avanza”.

Un sapiente irregolare
L’antifascismo post ‘45, preoccupandosi quasi solo di liquidare una volta per tutte il fascismo storico (atteggiamenti di maniera e stantie ripetizioni di parole d’ordine), ha commesso il grave errore di rendersi protagonista dell’avanzata trionfale di una forma diversa di fascismo con i risultati che «l’Italia sta marcendo in un benessere che è egoismo, stupidità, incultura, pettegolezzo, moralismo, coazione, conformismo». Eccolo così spiegato l’efficace titolo del libricino (solo per le contenute dimensioni, ovvio). Ma questo, come invece ci è dato di leggere e ascoltare oggi, non può portare a dire che Pasolini è, al fondo, un reazionario, un tradizionalista, un antimoderno pregiudiziale. O, trarne le conclusioni che è un intellettuale che sposa tematiche care alla destra. Pasolini, piaccia o meno, è stato un intellettuale, un poeta civile, un acceso polemista e molto altro ancora, profondamente di sinistra. A modo suo, da sapiente irregolare, capace di duri confronti al limite dello scontro con i suoi amici più cari come Moravia, Maraini e Fortini. Un intellettuale come pochissimi, urticante alla sinistra ufficiale e, in modo particolare, al Partito comunista che, moralisticamente, lo ha bruscamente allontanato dalla “sua” casa. Il Pci gli indicò la porta perché non organico, non coerente con l’operazione culturale che animava Botteghe oscure. E così la destra, sfruttando imbarazzi che persistono nell’orizzonte del campo avverso, si è messa a fare la corte al suo pensiero con una furba operazione culturale.
Conoscere PPP
La cultura (vissuta, agita, sentita) non può beneficiare di un “Pasolini dimezzato”, di un Pasolini estirpato, di un Pasolini schienato. Siccome pullulano i cantieri dove si fabbricano le operazioni culturali, l’aria che tira fa temere il peggio. Per Pasolini, ma non solo per il grande poeta friulano. In questi casi, per chi è assetato semplicemente dal desiderio di conoscere, rimane il punto di fuga affascinante di andare direttamente alle opere di Pier Paolo Pasolini. E questo metodo conoscitivo dovrebbe valere sempre. Per scoprire l’originalità del suo pensiero, la freschezza della sua arte, la sua indomita ostilità alla fiacca rassegnazione. Il che non vuol dire condivide qualsiasi sua riflessione. La missione di un intellettuale vero giammai lo prevede. Un intellettuale autentico non lo è per tutte le stagioni. E, soprattutto, non lo è per alcuna operazione culturale.