Ricordo di Giampiero Neri, poeta italiano

Giampiero Neri

La notte del 15 febbraio 2023 è scomparso Giampiero Neri (Erba, 1927 – Milano, 2023), uno dei poeti di Milano e soprattutto uno dei più grandi poeti italiani, che ha più segnato la poesia, rapporti, relazioni, stagioni della poesia.

Neri (pseudonimo di Giampietro Pontiggia, fratello del Peppo Pontiggia anch’egli nella storia del CMC) è padre di Elena Pontiggia, critica e storica dell’arte, cu va il nostro pensiero, collaboratrice del CMC con la sua presenza e suggerimento per l’arte novecentesca e contemporanea.

Molti giovani hanno conosciuto Giampiero al Centro Culturale di Milano, lo hanno seguito e coltivato amicizie. Il secondo novecento lo abbiamo conosciuto anche così, tra Varese, Erba e Milano, nella freschezza degli ultimi anni stupiti e cercatori della bellezza, attraverso l’arte che molto amava e collezionava, del senso e del ricordo. Ha segnato anche il nostro Centro Culturale di Milano che alla poesia dedica costante attenzione e ricerca, con la sua amicizia, originalità, contrassegnato dal rapporto con Elisabetta Motta, autrice con lui di preziose edizioni in dialogo con incisioni di artisti a soggetto di bestiari e immaginifiche, come Luciano Ragozzino ed altri. Con Alessandro Rivali, collaboratore dei nostri cicli di Poesia, che con Ares ha pubblicato un’intensa quadrilogia: Da un paese vicino, Piazza Libia, Un difficile viaggio e il recente Un insegnante di provincia.

Qui sotto 3 video delle serate e lettura poetiche al CMC, con la partecipazione di Giampiero Neri,

Laura Piazza, attrice e Alessandro Rivali

con Davide Rondoni, Alessandri Rivali,

con Giancarlo Pontiggia, Mario Santagostini,  Lorenzo Babini, Laura Corraducci, Marco Corsi, Daniele Gigli, Luca Manes

L’articolo di Paolo di Stefano sul Corriere della Sera di giovedì 16 febbraio 2023

https://bit.ly/3KbzMIF

Di Paolo di Stefano, Corriere delal Sera, giovedì 16 febbraio 2023

È scomparso all’età di 95 anni. Il suo era uno pseudonimo: in realtà si chiamava Giampietro Pontiggia ed era il fratello maggiore di Peppo. Cominciò a scrivere nel 1957 e pubblicò la prima raccolta nel ‘76 che rivelò un autore sorprendente

Per chi ha conosciuto Giampiero Neri, è una storia risaputa: aveva cambiato nome perché altrimenti anche lui sarebbe stato un G. Pontiggia, come suo fratello Giuseppe detto Peppo, lo scrittore de L’arte della fuga e di Nati due volte, certamente più noto di lui che sui trent’anni aveva optato per i sentieri della poesia e che è rimasto «il più in ombra dei maestri» (Un maestro in ombra è un libro-intervista di Alessandro Rivali uscito da Jaca Book). Poi perché, diceva, amava troppo la cronaca trecentesca fiorentina: e siccome preferiva stare dalla parte dei perdenti, si identificò non con i Bianchi ma con i Neri.

Nato a Erba nel 1927, Giampietro Pontiggia, ovvero Giampiero Neri, è morto il 15 febbraio a Milano, dove ha vissuto dal 1950. Una vita sofferta, con un padre, Ugo, procuratore di banca e poi commissario prefettizio, che viene ucciso nel novembre 1943 in un attentato partigiano forse per sbaglio. Casa Pontiggia a Erba è frequentata a quel tempo dall’architetto Giuseppe Terragni, figura importante nella futura poesia di Neri. La madre, attrice dilettante, trasmette ai figli l’amore per il teatro (Peppo era nato nel 1934, Elena nel 1935, un terzo fratello, del ’29, morì a un anno). Dopo la guerra la famiglia si trasferisce a Varese, dove Giampiero ottiene la maturità scientifica, si iscrive alla facoltà di Scienze naturali ma le condizioni economiche della famiglia non gli permettono di proseguire; dunque, nel 1947 viene assunto al Banco Ambrosiano, lo stesso istituto del padre, e per quattro decenni sarà impiegato e poi addetto all’area clienti. Ricorre nell’opera di Neri la figura del professor Fumagalli, insegnante anticonformista e carismatico, conosciuto sin dal primo anno di medie ed evocato come «educatore di un gruppo di ragazzi usciti malconci dalla guerra».

Nel 1955 la sorella Elena, ventenne, si toglie la vita e l’intenzionalità del fatto viene nascosta alla madre dai due fratelli, che tengono celata anche la lettera d’addio a lei rivolta. Elena sarà anche il nome della figlia di Giampiero, critica e storica dell’arte. I rapporti tra Giampiero e Peppo si stringono, nella condivisione del dolore ma anche della passione per la letteratura, per l’arte, per la musica classica e per il jazz. I due fratelli si incoraggiano a vicenda. Ha detto Giampiero: «Occorre vivere, ma direi che certi dolori non si superano mai. Con il Peppo ho avuto un rapporto molto profondo, la morte della mamma ci ha per un po’ divisi, ma ci sentivamo tutti i giorni al telefono… Lui leggeva le mie cose, io le sue, e ognuno cambiava seguendo i consigli dell’altro…».

Sono gli anni che preludono alla neoavanguardia, con la rivista milanese «Il Verri» fondata da Luciano Anceschi insieme a un giro di giovani amici, tra cui Nanni Balestrini e Leo Paolazzi, ovvero Antonio Porta. Giampiero comincia a scrivere poesie nel 1957, ma quello che Maurizio Cucchi ha definito «lento processo di maturazione» («percorso… singolarmente estraneo, autonomo, nobilmente sfasato rispetto alla vicenda poetica della sua generazione») lo porterà a pubblicare tardi. Dopo il rifiuto di Alfredo Giuliani, sarà Giancarlo Majorino a ospitarlo sulla rivista «Il Corpo» e Giovanni Raboni a presentarlo, nel 1971, sull’«Almanacco dello Specchio».

La prima raccolta di Neri rivela una voce sorprendente. Si intitola L’aspetto occidentale del vestito ed esce nel 1976 nei «Quaderni della Fenice» di Guanda, diretti dallo stesso Raboni: è il risultato di un’esperienza solitaria e di una dedizione «incontentabile» da cui si trae un’idea di nitore, di perfezione e di piana colloquialità (la poesia può essere una stretta di mano, diceva Neri). Sono poesie in versi e brevi poemetti in prosa estranei alle sperimentazioni coeve, ma la cui tensione onirica li rende non del tutto assimilabili al realismo da linea lombarda. Una scrittura semplice: precisa e vertiginosa come certa pittura fiamminga, è stato detto.

«Ci sono molti tipi di richiami./ Di zufoli, viti, specchietti si serve il cacciatore secondo la stagione, ma principalmente dei vivi». Anche con le raccolte successive, il lettore si trova di fronte a una sorta di doppiezza enigmatica tra l’immediatezza folgorante e la possibilità di un’interpretazione inesauribile. La memoria si fonde con l’osservazione minuta dei fenomeni naturali (Teatro naturale è del 1998), producendo strane increspature di senso, effetti di assurdo o di lieve disorientamento. Nel 1986 esce la sua seconda raccolta, Liceo (sempre Guanda), e nel 1992 la terza, riepilogativa, Dallo stesso luogo (Coliseum). Gli anni Ottanta sono gli anni dei dissidi con il fratello Peppo: dal confronto con lui, ha scritto Giampiero, «sono sempre uscito perdente. Lui era più buono, più studioso, più intelligente, più affermato, più tutto». La frattura verrà risanata in tarda età.

Poeta di vite comuni, di dubbi e di fede incerta, di erbari e di bestiari. Una deliziosa plaquette a cura di Elisabetta Motta, edita da CartaCanta, seleziona il suo zoo particolarissimo: lavarelli, bisce nere, salamandre, rapaci notturni, civette e gufi reali, oche domestiche, bovini, suini, equini (persino uno pseudocavallo che «corre in modo meccanico come sui trampoli»), soprattutto insetti, zanzare, formiche, sfechi, pavonie. Ma il «teatro naturale» di Neri è anche abitato da piante che sembrano osservate da lontano e però come per miracolo si rivelano parte di un paesaggio intimo e sofferto, quasi un’eco della memoria: «Si formava un nuovo viluppo,/ come un piccolo arco di trionfo/ che vede il kiwi prevalere/ la betulla vicina a soccombere/ e l’ospite a meditare nel giardino». Il meritato e pieno riconoscimento di Neri è arrivato tardi. Un Oscar Mondadori, a cura di Cucchi, raccoglie un’ampia scelta di suoi testi dal 1960 al 2005. Negli ultimi anni, è stato adottato da più giovani fedelissimi come un autentico maestro. Un’ultima quadrilogia tra il 2020 e il 2022 è uscita presso Ares, mentre Interlinea ha proposto l’antologia personale Non ci saremmo più rivisti. Un delicato libro di frammenti in prosa, divagazioni, ricordi, uscito da Garzanti nel 2017, porta il titolo più significativo: Via provinciale, che è l’insegna di una poetica sempre aderente alle piccole cose marginali dell’esistere.