Sfiducia continua
I populismi e il nuovo “inverno del nostro scontento”

Le tornate elettorali in giro per il mondo confermano il consenso verso le leadership populiste. Nonostante la rielezione di Macron nelle presidenziali francesi (subito raffreddata dal voto per l’Assemblea nazionale). La guerra in atto, se possibile, ha prodotto ulteriori divisioni. Il quadro complessivo appare incrinato. Seppur in presenza di segnali contradditori. Pensiamo solo all’orizzonte domestico, con l’evidenza di lacerazioni che attraversano la Lega ma soprattutto il Movimento 5 stelle.
E i numerosi punti interrogativi sul versante economico ed energetico potrebbero ulteriormente complicare la situazione. In gioco la tenuta del modello democratico. Come se ne uscirà dal grande freddo?
E, accendendo i riflettori sull’Italia, come si arriverà alle elezioni politiche del prossimo anno? Chi raccoglierà il guanto di sfida dei fermenti populisti in libera uscita? Su quali fondamenti riconquistare la fiducia perduta? Una prova durissima e necessaria per i partiti chiamati a misurarsi con un generale clima di sfiducia (vedi alla voce assenteismo). In modo particolare per quelli che sostengono l’esperienza dell’esecutivo Draghi


di Alessandro Banfi
8 luglio 2022

Si dice da più parti che il populismo è in declino.
E certo nei termini del movimento politico di successo che sembrava inarrestabile nel mondo prima della pandemia e dell’invasione russa dell’Ucraina, da Donald Trump a Viktor Orbán, fino a Matteo Salvini, passando dai gilet gialli francesi e dai 5 Stelle, ha conosciuto serie battute d’arresto.
Ma gli ultimi appuntamenti elettorali, in Francia e in Italia, hanno dimostrato che molte criticità che avevano trovato una valvola di sfogo in certi leader e partiti restano ancora lì, in qualche modo intatte. Come infatti spiegare la seria frenata di “Ensemble”, il movimento politico del presidente francese Emmanuel Macron al secondo turno delle elezioni per il rinvio dell’Assemblea Nazionale, il parlamento di Parigi? A poche settimane dalla sua stessa riconferma come Presidente, preferito alla rivale Marie Le Pen?
Un motivo è che non sia affatto svanita la sfiducia della gente nell’establishment, nella classe dirigente, nelle istituzioni.
Una sfiducia che si è come ridimensionata in presenza di emergenze nazionali e internazionali pesanti, come il Covid 19. Ma si è alimentata nella follia della continua ricerca del complotto, dell’interpretazione alternativa, della versione non ufficiale della scienza e della medicina.
Le ragioni che avevano portato al consenso verso i leader populisti non sono affattto scomparse, anzi rischiano di trovare nuovi, inaspettati sviluppi.
È vero: Macron risolverà i suoi problemi interni di governo, concedendo molto nel nuovo esecutivo agli alleati gollisti. Manterrà con tutta probabilità la premier che ha scelto, Élisabeth Borne, dando un segnale di stabilità e continuità. E tuttavia qualcosa si è incrinato nel suo rapporto coi cittadini francesi.

Premiati i candidati lontani dai partiti

Anche le parziali elezioni amministrative italiane convergono con quelle politiche francesi nel fornire alcuni segnali. Smontando facili entusiasmi e spingendoci ad evitare nuovi errori di prospettiva.
Il primo segnale è che, come tradizione nelle nostre città, sono stati premiati i candidati più lontani dai partiti. L’ex calciatore Damiano Tommasi, popolare centrocampista della Roma e sindacalista dei giocatori di serie A, diventato Sindaco di Verona e simbolo di questa tornata elettorale, ha proprio dato l’impressione di essere l’espressione della società civile, più che della politica.
Da calciatore aveva guadagnato la fiducia e con essa la leadership morale dai compagni di gioco, quando, infortunatosi al legamento crociato del ginocchio, si era auto-ridotto lo stipendio durante i mesi di infortunio, a 1.500 euro al mese.
Anche coi veronesi si è conquistato spazio e simpatia, non passando da schieramenti e apparati.
Il secondo segnale è che la manifestazione della protesta popolare non colpisce in una sola direzione. In Italia i 5 Stelle e la Lega di Matteo Salvini, le due principali forze politiche premiate dagli italiani alle ultime elezioni politiche, sono in grande crisi.
Il Movimento 5S rischia addirittura di scendere sotto il 10 per cento dei consensi nazionali, dopo essere stato solo cinque anni fa il più votato in Italia. Mentre Salvini ha perso consensi proprio in quel Nord, da cui ha sempre attinto la base principale del suo elettorato. Le sconfitte di Verona e di Monza sono emblematiche di questo declino. E sono in contrasto con i segnali positivi che invece i cittadini hanno mandato nei confronti di Governatori leghisti come Luca Zaia in Veneto e Massimiliano Fedriga in Friuli Venezia Giulia.
La protesta per ora si materializza in liste locali o in una grande astensione alle urne. Il rischio è che la crisi di Matteo Salvini e il naturale invecchiamento di Silvio Berlusconi zavorrino tutto il centro destra, sulla carta ancora in testa nei sondaggi elettorali.
I 5 Stelle, da parte loro, sono angustiati da una scissione importante come quella guidata dal ministro degli Esteri Luigi Di Maio. Il dilemma è diventato quello della linea politica: è giusto rimanere nell’ambito della maggioranza e del governo?
In molti spingerebbero Giuseppe Conte a rompere, ma finora Beppe Grillo, il Garante, ha impedito questo sviluppo. Allo stesso tempo il dibattito interno sulla regola del doppio mandato, dà la sensazione che la spinta propulsiva del rinnovamento della politica si stia esaurendo.
Quasi che la “costituzionalizzazione” del Movimento abbia finito per provocare il suo declino.

Cosa accadrà nei prossimi mesi?

L’inverno che ci aspetta è pieno di incognite. La crisi economica, combinata con quella energetica, e soprattutto l’incertezza del quadro internazionale fanno immaginare una stagione di nuovi sacrifici e limitazioni. E proprio nella prossima primavera gli italiani torneranno, finalmente dopo 5 anni, a votare in elezioni politiche. Facile prevedere che sarà un altro “inverno del nostro scontento”, per citare il grande Bardo, segnato da una inevitabile voglia di protesta e di contestazione.
Come si organizzeranno i soggetti politici? Chi saranno i candidati premier per Palazzo Chigi? Chi cercherà di raccogliere questo scontento? Si dice che è già cominciata un’intasata corsa al centro del sistema politico italiano. Con i vari Renzi, Calenda, Di Maio, Toti… tutti già titolari di piccole formazioni che si posizionano più o meno nella stessa area politica. Proveranno a riunirsi? Esiste un leader in grado di proporre una sintesi di queste forze? O si tratta di un’illusione prospettica? Se infatti ci sono i generali, non è detto che ci siano gli eserciti, cioè i voti.
I due schieramenti, teoricamente, ripropongono un modello collaudato.
Enrico Letta, che si ritiene il vincitore delle ultime amministrative, punta alla creazione di un Nuovo Ulivo, un centro sinistra allargato che arrivi fino ai 5 Stelle e a Bersani a sinistra e fino a Calenda e Bonino a destra.
Silvio Berlusconi predica una nuova confluenza, una “federazione” del centro destra che raccolga tutte le forze con l’apporto fondamentale di Matteo Salvini e di Giorgia Meloni. A entrambi questi modelli manca però ancora il nome del candidato premier. A sinistra, come a destra. E non è affatto un piccolo particolare. È vero poi che molti spingono la Meloni a proporsi per Palazzo Chigi, ma ci sono anche tante perplessità in proposito.  

Lo spread e altre minacce

C’è poi un’incognita di fondo che riguarda il destino politico del nostro Paese.
La guerra in Ucraina e la crisi economica mondiale, ad essa collegata, rischiano di aumentare la fragilità del nostro sistema economico finanziario, su cui pesa il più grande debito pubblico europeo.
Lo spread ci minaccia ogni giorno, ricordando che l’Italia si trova in una forma reale di sovranità limitata. Sarà l’Europa e saranno i mercati a dare indicazioni importanti sul nostro futuro. Fattori che finiranno per pesare moltissimo, anche sul voto popolare.


Immagini (in ordine di apparizione):
French yellow vest protesters demand
Orban o l’Ungheria o gli oligarchi – da “In Terris – Quotidiano Digitale”
Sussulti nella maggioranza  / © open.online
Paris 1968 France protest
Conte e Sanchez al Reina Sophia davanti a Guernica di Picasso
© Francesco Santosuosso / I mercati sopra gli stati