STORIE E SCORIE

@Gabriele Basilico Autoritratto Courtesy Archivio Gabriele Basilico

Numero 47
26 aprile 2024

Le storie siamo noi. Nessuno si senta escluso, canta De Gregori.

Le storie, come le scorie, sono fatti che ci riguardano, cose da uomini che vanno scovate, raccontate. Rimembrate. E ci sono le storie belle, le storie drammatiche. Quelle autentiche danno da pensare. Come quelle sbagliate. Ed è un bene pensarle, ricordandole. Facendole nostre. Rivivendole così. Quelle belle, certo. Come quella di don Luigi Giussani, sacerdote ambrosiano, di cui procede il cammino verso la sua beatificazione. Infatti, c’è un’importante novità. Ne dà conto, degli sviluppi, il giornalista Giorgio Paolucci. E di un sacerdote diciamo nell’editoriale. Un martire della fede che vedrà beatificazione il prossimo maggio: don Giuseppe Rossi, assassinato da una squadraccia fascista nel 1945.
Ci sono le storie e ci sono le scorie. Quella dei bonus, ad esempio. Palla al piede della nostra economia. Oggettivamente formula dannosa, viziosa. Spiega tutto il giornalista economico Gianfranco Fabi. E le scorie le rintracci copiose in pagine della grande storia. Nella mala interpretazione del rapporto tra l’uomo e il potere; tra la fede religiosa e il potere: leggi la teologia politica. Il PODCAST di questo numero, così drammaticamente attuale, è una lezione chiara e propositiva del professor Massimo Borghesi. Laddove le scorie non sono una sentenza definitiva. Laddove il ritorno alla verità, alla bellezza e all’umanità del cristianesimo dei primi secoli è una proposta di contemporaneità. Una risposta alle scorie insopportabili della guerra, alla logica violenta della dialettica amico/nemico. E, in un certo, sono scorie figlie di un pensiero ridotto, quello di giovani coppie che, per perseguire un presunto alto gradimento, rifiutano la possibilità di avere figli. Una glaciazione dell’umano che non può non preoccupare. Vedi l’intervista al demografo Alessandro Rosina di Angelo De Lorenzi.
Mentre riscalda i cuori la bella storia di “Zamora”, film con rimandi a Federico Fellini e Pupi Avati. Che, Neri Marcorè, alla sua prima regia, ha tratto dal bel romanzo dello scrittore e giornalista Roberto Perrone, grande amico del Centro Culturale di Milano. Una storia di parate, di partite complicate (in tutti i campi), di tempi supplementari che aprono a qualcosa di diverso dalla sconfitta. Ne parla il critico cinematografico del Corriere della Sera Giancarlo Grossini.    

E, come sempre, graditissimi, gli imperdibili editoriali per immagini di Francesco Santosuosso.

Buona lettura e buon ascolto.

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